email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Francia: boom delle coproduzioni per la ricerca di finanziamenti internazionali (giugno 2006)

di 

Le frontiere della produzione cinematografica francese si ampliano a grande velocità con l’Europa come sfondo. Un nuovo universo complesso ma promettente.

L'ondata dei coproduttori europei

L’Europa, nuovo Eldorado dei produttori francesi? Confrontati ad una progressiva diminuzione degli investimenti delle televisioni, tutti i professionisti d’oltralpe si sono lanciati verso una intensa ricerca di finanziamenti internazionali per mantenere il livello molto alto della produzione nazionale che si esporta con sempre più facilità.
Si tessono collaborazioni europee, si sperimentano cooperazioni privilegiate secondo le facilitazioni offerte dai diversi paesi, mentre i piani di finanziamenti diventano sempre più complessi. In Francia le coproduzioni europee hanno il vento in poppa, ma la situazione non è facile. Poiché i nuovi territori da scoprire riservano delle sorprese.
Panorama delle nuove frontiere della coproduzione.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

I cercatori d’oro

Adesso si fa così”. Il commento di un produttore della società francese Pan-Européenne davanti alla lista di coproduttori spagnoli, italiani e britannici che partecipano al nuovo film di Manuel Poirier Chemins de traverse, illustra perfettamente la pratica che ultimamente sembra essersi impossessata della cinematografia d’oltralpe. Che lo si voglia o no le coproduzioni europee sono ormai diventate imprescindibili per riuscire a realizzare i film, e la tendenza è in continuo aumento.
Nel 2002, dei 200 lungometraggi in progetto, 94 hanno visto la partecipazione di un partner straniero, ovvero il 47 per cento dell’intera produzione (35 per cento nel 2000 e 38 per cento nel 2001). Un totale che include 57 produzioni internazionali di film d’iniziativa francese e 37 lungometraggi con una cooperazione maggioritaria straniera. Ma il fenomeno più rilevante riguarda l’aumento degli investimenti stranieri nei film di produzione maggioritaria francese (FIF): +30 per cento nel 2002, ovvero 79.84 milioni di euro su 724,17 milioni totali (11 per cento nel 2002 contro il 6.5 per cento del 2000). Una tendenza cresciuta prepotentemente tra il 1mo gennaio e il 15 giugno di quest’anno, con 33 film FIF prodotti da partner stranieri su 70 film in progetto. Ne risulta che, mentre gli investimenti francesi nella produzione cinematografica nazionale continuano a ristagnare, i finanziamenti stranieri di altri paesi aumentano a grande velocità (+74 per cento in due anni).

I privilegiati di questo nuovo stato di cose sono i partner europei, il Belgio in testa (15 coproduzioni di FIF nel 2002, e 10 dall’inizio del 2003), seguito dalla Gran Bretagna (10 e 10), la Germania (9 e 4), l’Italia (9 e 4) e la Spagna, che quest’anno sembra aver preso il via (3 coproduzioni nel 2002 e 4 dal 1mo gennaio 2003).
Ma per comprendere meglio le cause di questa rivoluzione nella produzione francese, è necessario fare qualche passo indietro. Negli anni ’70 il sistema delle coproduzioni europee contava sulla notorietà delle star del Vecchio Continente. In seguito la sempre crescente importanza della televisione privata in ognuno dei paesi europei ha aperto la strada ai finanziamenti nazionali lasciando che le varie cinematografie si ripegassero su se stesse, restando chiuse nel proprio territorio. A ridistribuire le carte ci ha pensato però la crisi della fine degli anni ’90 delle televisioni a pagamento di tutta Europa. Le pre-acquisizioni di film entrate in una fase di restringimento, in Francia in particolar modo per le difficoltà di Canal + (sorgente principale dei finanziamenti del cinema francese), ha costretto i produttori a cercare nuovi finanziamenti. Allo stesso tempo, numerosi paesi europei hanno preparato dei dispositivi di sostegno alla produzione (Fondi regionali in Germania, sistema di defiscalizzazione del “sale and Leaseback” britannico o il tax-shelter belga e lussemburghese). Inoltre il nuovo e dilagante successo dei film francesi all’estero (55 milioni di spettatori internazionali nel 2002) ha portato un nuovo interesse da parte dei partner stranieri. Per finire, la costruzione politica e monetaria dell’Unione Europea gioca ora un nuovo ruolo propulsore, avvicinando lentamente le visioni nazionali in favore di un abbozzo di strategia globale che per ora si limita alla produzione, non essendo stata in grado d’imporsi nell’ambito della distribuzione.

Un incubo necessario

L’aumento delle coproduzioni europee in Francia sembra una questione facile. Ma per i produttori è in realtà molto più complessa. L’aumento dei partner stranieri e delle fonti di finanziamento è infatti un vero rompicapo. Una situazione sottolineata da tre produttori francesi riunitisi all’inizio di luglio in occasione di una tavola rotonda organizzata dal festival “Paris Cinéma: ”: Jacques Bidou (JBA Production) che ha realizzato più di 100 film attraverso delle coproduzioni internazionali tra cui le recenti Des plumes dans la tête del belga Thomas de Thier e Les mains vides dello spagnolo Marc Recha; Patrick Sobelman (Agat Films & Ex Nihilo) produttore della trilogia del belga Lucas Belvaux e dei due lungometraggi della regista franco-islandese Solveig Anspach; e Joël Farges (Artcam International), specialista delle coproduzioni internazionali con i paesi dell’Est come la Repubblica Ceca, il Tajikistan e il Kazahkistan.
Primo problema: la diffusione. Secondo Patrick Sobelman i canali televisivi francesi trasmettono sempre meno film europei: “Per i film realizzati in altre lingue che non siano il francese, esiste solamente Canal + come possibilità di acquisto, sebbene non sia sufficiente se vengono acquistati film di autori come Moretti o Almodovar o Frears”. Al contrario, nel Regno Unito Channel 4 sembra essere l’unico canale televisivo ad acquistare delle opere prime non in lingua inglese. Una tendenza che secondo Joël Farges danneggia anche l’esercizio, il quale sottolinea che “a Praga, a parte qualche film francese e tedesco, non si possono vedere film europei”.
Secondo problema: la complessità dei programmi di finanziamento per le piccole società di produzione indipendenti. Secondo Jacques Bidou, una coproduzione che riunisce quattro paesi può generare 24 fonti di finanziamento differenti. E se “l’ armonizzazione degli accordi di coproduzione europea è sulla buona strada, resta il fatto che ogni paese ha la propria legislazione e cerca di proteggere la propria industria cinematografica e tecnica. Bisognerebbe andare oltre e rendere più equilibrato il funzionamento dei sistemi nazionali di sostegno alla produzione, ma anche il sistema dei diritti d’autore”. Questioni intricate, poiché ogni paese difende i propri interessi e collega il proprio sistema di sostegno alle spese da effettuare sul territorio nazionale. Il sistema di sostegno del CNC francese (75 centesimi a biglietto destinato al produttore da investire nel prossimo film) ad esempio, è basato su un sistema di punti che diminuisce all’aumentare del coinvolgimento dei produttori stranieri.
D’accordo nel considerare attualmente la coproduzione europea come una necessità vitale, i tre produttori francesi hanno sottolineato tempi di montaggio troppo lunghi e differenze a volte problematiche sulle le competenze e le esperienze dei partner.
Conoscere la motivazione dei coproduttori è un dato essenziale, considerando le numerose società che si impegnano in ritardo e finiscono per non partecipare realmente allo sviluppo del film. Così un produttore che ha dedicato denaro ed energia ad un progetto, rischia di vedersi sfuggire quasi intermente i diritti del film, limitandosi a dover proteggere gli incassi nel proprio mercato nazionale.
Secondo Patrick Sobelman, è diventato imperativo creare una rete per coproduzioni più agevoli con associati solidi e collaborativi. Alleanze che si costituiscono con il tempo.

Il tempo degli specialisti

Lo sviluppo delle coproduzioni europee sta trasformando lentamente il paesaggio cinematografico francese. Nel 2002, tra i budget dei film francesi più alti (+ di 7 milioni di euro) si contavano almeno 10 coproduzioni. Blueberry di Jan Kounen (31.13 milioni di euro), il film con il budget più considerevole dell’anno, è stato finanziato per il 20 per cento dal Regno Unito. L’Italia ha partecipato per un 10 per cento a due delle maggiori produzioni francesi del 2002: Tais-Toi di Francis Veber e La femme-piège di Bilal.
Quanto a The dreamers [+leggi anche:
trailer
intervista: Bernardo Bertolucci
scheda film
]
di Bernardo Bertolucci, decimo classificato tra i budget più alti, con 13.99 milioni di euro, è stato finanziato per il 55 per cento dalla Francia, per il 25 per cento dal Regno Unito e per il 20 per cento dall’Italia.
nell’ambito delle coproduzioni minoritarie, le società francesi non sono da meno visto che nel 2002 hanno investito su registi europei come Von Trier, Avati, Angelopoulos, de Oliveira, Olmi.
Inoltre nei festival più importanti un film su tre è coprodotto dalla Francia.
Risultati che parlano da soli.
Per seguire con più attenzione questi movimenti produttivi, si sono costituite associazioni europee come gli Ateliers du Cinéma Européen (ACE), gli Imprenditori Europei per gli (EAVE) o il Club dei Produttori Europei, il cui lavoro sta cominciando a portare i propri frutti porta grazie al sempre maggior numero di aderenti tra i professionisti del settore, che in questo modo imparano a lavorare meglio insieme e su basi più solide. Nel frattempo si sono create anche delle strutture specializzate nella ricerca di finanziamenti internazionali come Exception (ex Wild Bunch, società di vendita all’estero), che ha lanciato lo scorso gennaio un settore di servizi per la coproduzione destinata agli indipendenti, diretto da Juliette Renaud, ex direttrice degli acquisti di film stranieri di Canal+. Così anche per Celluloïd Dreams e Les Films du Losange di Margaret Ménégoz, che hanno costituito settori specifici come Back up o Shorts cuts.
L’obiettivo? Aiutare i produttori francesi a vedere più chiaro tra la quantità di meccanismi di finanziamento dei diversi paesi. Sistemi che evolvono molto rapidamente, come è il caso del celebre “sale & lease back” britannico che fino a poco tempo fa ammetteva coproduzioni finanziarie senza apporto tecnico o artistico del paese minoritario, ma che adesso esige che il 20 per cento del budget del film sia speso nel Regno Unito. Modifiche che obbligano sempre più spesso i produttori francesi a realizzare altrove la post-produzione del propri film, soprattutto nel campo del sonoro (una decina di film nel 2000, più di 30 nel 2002). Una tendenza che il Ministro della cultura francese, Jean-Jacques Aillagon, ha cercato di contrastare, promettendo la creazione di un tax-shelter (detrazioni fiscali) che attiri sul territorio un numero sempre maggiore di set. Ma il dispositivo non è ancora fissato e i primi elementi conosciuti si prestano già ad una controversia, poiché schiaccerebbero le risorse di un altro sistema, quello dei Sofica (società di finanziamento del cinema e degli audiovisivi).
E’ chiaro quindi che questo aumento delle coproduzioni europee comincia a generare una concorrenza crescente tra i paesi, che potrebbe peggiorare con l’entrata dei paesi dell’Europa Centrale e dell’Est nell’Unione Europea (Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria e Romania) con la proposta di Studios ed esterni di qualità, oltre ad una mano d’opera a basso costo. Parametri che accentuerebbero la complessità delle coproduzioni che ora come ora sta trasformando i produttori francesi in specialisti dell’area europea.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy