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CANNES 2022 Cannes Première

Recensione: Don Juan

di 

- CANNES 2022: Serge Bozon firma un'opera sfaccettata e molto controllata che inverte il mito di Don Juan, incarnato da un Tahar Rahim che si mostra debole di fronte a una Virginie Efira multipla

Recensione: Don Juan
Virginie Efira e Tahar Rahim in Don Juan

Chi è veramente quest'uomo che si guarda attentamente allo specchio, che aspetta nel lusso l’amore che conta più degli altri – perché ce n'è sempre uno – ma il cui sguardo è momentaneamente attratto da un’estranea, qualcosa che percepisce da lontano la sua dolce metà prima di scaricarlo su due piedi a pochi minuti dal loro matrimonio? Applicando il suo tipico approccio di laboratorio cinematografico a una rivisitazione moderna e invertita di Don Juan [+leggi anche:
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intervista: Serge Bozon
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– il celebre seduttore del XVII secolo nato dalla penna di Tirso de Molina – Serge Bozon spalanca la sua scatola di paradossi intellettuali ed emotivi, concettuali e naturali come il semplice colore degli occhi che cambia alla luce del sole o la musica che a volte inventiamo per cantare la nostra vita, piangere, consolarci, ricordare e persino affrontare l'incomprensione del mondo e l'ombra della morte in agguato sul palcoscenico della vita.

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"È un incubo, la vedo ovunque". Svelato nella sezione Cannes Première del 75° Festival di Cannes, il film segue la scia di un certo Laurent (Tahar Rahim, eccellente in un ruolo impegnativo) sofferente e psicologicamente sull’orlo di un abisso, tormentato dall’apparente felicità degli altri e dalla spietatezza del mondo, eppure sempre egocentrico e vittima dei suoi impulsi di attore incapace di uscire dal proprio ruolo. Perché Laurent è un attore che deve recarsi a Granville, sulla costa della Normandia, per provare Don Juan. E Julie, la sua amata fidanzata che lo ha lasciato poco prima del loro matrimonio – che lo ossessiona e che crede di riconoscere in altre cinque donne del film (Virginie Efira in cinque diversi personaggi archetipici: la donna felice, la gotica, la timida, l’insegnante e la volgare), subendo innumerevoli rifiuti per la sua insistenza – è anche lei attrice e si unisce alla piccola troupe come sostituta dell'ultimo minuto. È così che Laurent e Julie si ritrovano a rivivere il loro amore/disamore tormentato e pieno di dubbi, sia nella vita che in teatro. È possibile un ritorno? Una riconquista? Gli uomini possono davvero cambiare quando i rimpianti e i sentimenti sepolti del passato perseguitano, brucianti, il presente, come un uomo anziano (Alain Chamfort) che si aggira intorno alla coppia?

"Cosa sta succedendo?". Dando ancora una volta, con la sua co-sceneggiatrice Axelle Ropert, il potere alle donne in una vena post Me Too, Serge Bozon inverte totalmente le prospettive tradizionali (proprio come le canzoni del film, che sono anni luce distanti dai canoni musicali convenzionali) per creare un sofisticata opera a più livelli caratterizzata da una sontuosa messa in scena (una menzione speciale va fatta al direttore della fotografia Sébastien Buchmann) e portata da due artisti eccezionali. Ma come sempre, quando si parla della piramide dei concetti e della superficie sommergibile delle emozioni che il regista francese ama intrecciare, "è tutto nelle nostre teste" e bisogna saper "mettersi nei panni degli altri" ("Sarebbe così gentile, Don Juan, da volermi riconoscere?").

Prodotto da Les Films Pelléas e coprodotto dalla società belga Frakas, Don Juan è venduto nel mondo da mk2 Films.

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(Tradotto dal francese)

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