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MALAGA 2022

Recensione: La cima

di 

- C'è del vero in quanto raccontato nel film di Ibón Cormenzana, ma le sue buone intenzioni si perdono nell'ossessione del messaggio

Recensione: La cima

Perché c’è chi rischia la vita per scalare una montagna? Quali sono le sue ragioni? Cosa porta qualcuno a voler vivere lontano dal mondo, nella solitudine più assoluta? Queste sono alcune delle domande che ci si pone dopo aver visto La cima [+leggi anche:
trailer
intervista: Ibon Cormenzana
scheda film
]
, il nuovo film del regista e produttore basco Ibón Cormenzana, presentato nella Sezione Ufficiale del Festival di Malaga e in arrivo nelle sale spagnole venerdì 25 marzo.

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La cima racconta la storia di Mateo (Javier Rey) e Ione (Patricia López Arnaiz) durante il loro viaggio sull'Annapurna, una delle montagne più pericolose del mondo. Ione è un'esperta alpinista che, raggiunta la sua meta (salire i 14 ottomila), decide di isolarsi in una casa in mezzo alla montagna, lontana da ogni contatto umano. Mateo, dopo la morte della compagna, vuole a tutti i costi arrivare in cima a quella montagna e mantenere così una promessa che aveva fatto alla sua ragazza. Nel mezzo dei loro conflitti vitali, entrambi i personaggi si incontreranno e vivranno un'avventura che li metterà a confronto con i limiti umani.

Il film di Cormenzana ha un buon punto di partenza: c'è del vero in quello che dice. È chiaro che c'è qualcosa di personale dietro questa storia di traumi e voglia di superare i limiti, non solo per la difficoltà del suo impegno fisico e tecnico (girare in condizioni estreme), ma anche per l'universo emotivo che implica. I paesaggi che compaiono nel film sono impressionanti, ci sono immagini davvero ammirevoli. Ma la cosa più interessante è ciò che c'è oltre, ciò che non è così visibile, ciò che accade all'interno di questi personaggi e che li fa agire, le loro lotte personali, i loro fantasmi, i loro desideri, i loro modi di essere nel mondo.

Anche Cormenzana ha buone intenzioni: raccontare quel mondo sentimentale con sobrietà, minimalismo: uno spazio, due personaggi e un bivio. Da lì, la verità che esiste in ogni personaggio, i suoi sentimenti, emozioni, atteggiamenti nei confronti della vita, cerca di riflettersi nel silenzio, nei puntini di sospensione, più in ciò che non viene detto che in ciò che viene detto (in tal senso, l'interpretazione di Arnaiz risulta brillante). A volte, il film raggiunge quella virtù, raccontando la parte più profonda della vita, la più dolorosa, i suoi dolori e le sue gioie, in modo velato. Ci sono immagini davvero emotive che dicono molto più di ogni parola: il personaggio di Rey che getta dall'alto le ceneri della persona amata. Quei momenti parlano della presenza della morte nella vita, della ricerca di un destino e del prezzo di quel destino, del significato di amare. Ma quando il regista o l'attore protagonista vogliono dire troppo o mettersi al servizio del messaggio, allora il film inizia a vacillare. Ci sono sequenze che non reggono, che sono semplicemente belle, o peggio, moralistiche.

La cima ha momenti riusciti. Immagini che rispecchiano gli abissi e i misteri dei personaggi, i loro strappi esistenziali, la loro voglia di andare avanti. Ma le intenzioni non bastano. Nella finzione bisogna saper raccontare una storia, con i suoi interrogativi irrisolti e gli spazi d'ombra. Peccato che Ibon Cormenzana voglia illuminare troppo il suo interessante film.

La cima è una coproduzione tra Spagna e Francia delle società Arcadia Motion Pictures, Aixerrota Films, Dorothy Films, Noodles Production e Lazona Producciones; il film è distribuito da Filmax, che si occupa anche delle vendite internazionali.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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