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JIHLAVA 2021

Recensione: Quando tu sei vicino a me

di 

- Laura Viezzoli osserva da vicino i pazienti e gli assistenti in una struttura che si occupa di sordocecità e altri disturbi sensoriali

Recensione: Quando tu sei vicino a me

Una delle frasi più popolari durante le prime fasi della pandemia invitava le persone del mondo a tenersi distanti l'una dall'altra per poter restare vicine, suggerendo che esistevano diversi modi per tenersi in contatto senza alcun contatto fisico. Ma per alcune persone il contatto fisico è un'ancora di salvezza e costituisce l'unica possibilità di comunicare con gli altri e con il mondo circostante. Il film di Laura Viezzoli Quando tu sei vicino a me, girato un anno prima della pandemia, ora presentato in anteprima al Festival internazionale del documentario di Ji.hlava e premiato con una menzione speciale nel concorso Opus Bonum, è un film su queste persone.

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Viezzoli apre il film con la definizione di sordocecità e le ulteriori implicazioni che la disabilità sensoriale multipla può avere sullo sviluppo fisico e psicologico di una persona, prima di portarci in una struttura per sordociechi e altri pazienti con disabilità sensoriali multiple. Il linguaggio verbale che il resto del mondo considera la norma è solo una delle lingue "parlate" lì; alcune altre sono piuttosto tattili e richiedono la vicinanza fisica.

La regista ci presenta lentamente i suoi soggetti, tutti unici per disabilità e personalità. Angelo e Santi sono due anziani signori che mantengono un rapporto che oscilla tra amicizia e rivalità. Milena è una donna non vedente con molteplici disabilità sensoriali, che ama cantare. Yousef è un giovane ragazzo sordo-cieco, non verbale e incline all'autolesionismo. Paola è una donna cieca con disabilità motorie, che preferisce i libri al cinema e ha un debole per i vecchi nomi con connotazioni religiose. Un altro Angelo, invece, affetto da molteplici disabilità psico-sensoriali, tra cui la cecità, ama la musica e i film, ma solo quelli degli anni Sessanta e Settanta.

Il titolo del film, tratto dalla canzone Il cielo in una stanza, cantata da molti (da Gino Paoli a Mike Patton), serve il più delle volte a suggerire che queste persone hanno bisogno di una vicinanza sia fisica che metaforica per sopravvivere in un mondo in cui sono private di quasi tutto. A un certo punto viene anche cantata, leggermente stonata, ma quel momento, insieme alle inquadrature della natura circostante, è uno dei più rilassanti dell'intero film.

Viezzoli avverte il loro bisogno di stare vicini e osserva attentamente sia i pazienti che i loro accompagnatori durante le routine quotidiane che, il più delle volte, potrebbero diventare frustranti. Nel farlo, non interferisce mai con i processi in corso, né oltrepassa il limite della fiducia che i suoi sggetti hanno riposto in lei. Sebbene alcuni degli argomenti potenzialmente interessanti riguardanti la loro vita quotidiana siano evitati e gli aspetti tecnici del film siano raramente degni di nota, questo documentario di 75 minuti potrebbe servire come introduzione a un mondo in gran parte sconosciuto in cui le abilità che diamo per scontate potrebbero essere considerate un privilegio. In questo caso si potrebbe sostenere che probabilmente non c’era altra via da seguire se non quella di realizzare un documentario breve, semplice, sincero ed etico, e Quanto tu sei vicino a me è proprio questo.

Quanto tu sei vicino a me è una produzione italiana di Ladoc e RAI Cinema.

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(Tradotto dall'inglese)

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