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GOLDEN ROSE 2021

Recensione: Humble

di 

- Il documentarista Svetoslav Draganov inietta esperienze personali nel suo primo lungometraggio di finzione, creando un dramma esistenziale sulle sfide artistiche e le esitazioni etiche

Recensione: Humble
Hristo Petkov in Humble

Fare documentari significa spesso focalizzarsi su vite di persone reali e metterle a nudo. Cercando forse di mettersi nei panni dei suoi personaggi e di osservare le cose dall’altro lato della cinepresa, Svetoslav Draganov osa rivelare sul grande schermo scorci della propria vita nel suo primo film, Humble. Presentato al Golden Rose Film Festival a Varna in Bulgaria, l’opera dipinge il ritratto intimo di un regista di documentari tormentato da dilemmi morali, problemi finanziari e da rapporti familiari inaspriti.

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L’alter ego di Draganov, Vassil (interpretato dal premiato attore teatrale Hristo Petkov, che ha recitato anche in film popolari come Heights/The Liberators [+leggi anche:
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 e In the Heart of the Machine) è un regista sulla quarantina che tenta di realizzare un documentario sul difficile rapporto tra madre e figlio, argomento su cui sta indagando da molto tempo. Il suo scopo ultimo sembra essere esaminare il tema del perdono e quindi cerca di riconciliare il figlio Avtonom (Atanas Bochorski), monaco che si vergogna della propria omosessualità e che è sotto cura psichiatrica per alcolismo, con la madre malata terminale. Vuole documentare con la videocamera il loro incontro decisivo.

L’aspetto etico del suo approccio è il leitmotiv che pervade l’intero film e, allo stesso tempo, risuona nella vita privata di Vassil, che va a rotoli a causa del suo comportamento titubante. Dopo una relazione extraconiugale e dei debiti nascosti, la moglie (Miroslava Gogovska) si comporta con diffidenza e la comunicazione con la figlia adolescente (Yana Draganova, la figlia di Draganov) è ovviamente disfunzionale. L’atmosfera di incertezza costante arricchisce l’alquanto malinconica tavolozza emotiva di Humble, mentre l'umiltà arriva solo con un epilogo catartico.

Per coloro che hanno visto il documentario di Draganov Life Almost Wonderful (la continuazione della sua prima opera, Life Is Wonderful, Isn’t It?) sulla complessa interrelazione tra una madre promiscua e i suoi numerosi figli, il collegamento tra Avtonom, personaggio di finzione in Humble e il monaco Bobby realmente esistito del documentario, è evidente. Sembra che il regista rifletta sul processo creativo del suo film di maggior successo, stavolta spostando lo sguardo dalla vita altrui per meglio comprendere la propria. Attanagliato dalle insicurezze personali e perseguitato da molteplici decisioni sbagliate, Vassil suscita sia simpatia che compassione per la sua sincerità, ma anche disapprovazione per il suo comportamento codardo. Il fatto che susciti questi sentimenti è prova che si tratta di un personaggio complesso, controverso e di spessore.

La cinepresa di Veselin Hristov (Rounds [+leggi anche:
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, Sister [+leggi anche:
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, Life Almost Wonderful
) ricerca l’autenticità senza adottare la crudezza tipica del cinéma vérité e trasmette i tumultuosi stati d’animo dei personaggi e una generale atmosfera malinconica, autunnale in spazi urbani e nella natura attraverso primi piani pungenti e inquadrature silenziose, d’osservazione. Detto questo, gli interni caldi e retrò dei vecchi appartamenti di Sofia riescono a compensare il generale senso di solitudine.

Humble è una produzione bulgara di Cineaste Maudit Production e Contrast Films e romena di Parada FilmDigital Cube.

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(Tradotto dall'inglese da Maria Carla Andreescu)

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