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KARLOVY VARY 2021 East of the West

Recensione: Wild Roots

di 

- Il lungometraggio di Hajni Kis è un piccolo film con un grande cuore, che compensa la convenzionalità della sua storia e del suo messaggio con l'ottima performance dei due attori non professionisti

Recensione: Wild Roots
Gusztáv Dietz e Zorka Horváth in Wild Roots

Nel suo primo lungometraggio, Wild Roots [+leggi anche:
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, appena presentato in anteprima mondiale nel concorso East of the West del Festival di Karlovy Vary, la regista ungherese Hajni Kis ha scritturato due non professionisti per raccontare la storia di un rapporto spezzato tra padre e figlia che cercano di ricucire contro ogni aspettativa.

Tibor (l'ex campione di arti marziali Gusztáv Dietz) è appena uscito di prigione dopo aver scontato una condanna a sette anni per omicidio colposo. Volendo lasciarsi la sua vecchia vita alle spalle, lavora come buttafuori in un night club e dorme su un divano a casa di suo fratello. Ma sua figlia dodicenne, Niki (Zorka Horváth), lo rintraccia e lo trova sul posto di lavoro proprio mentre picchia una coppia di ubriachi che lo hanno aggredito con un vetro rotto. Cacciato dal suo capo, dice con rabbia a sua figlia di sparire. Tornando a casa, lei si trova di fronte a sua nonna, che presto fiuta ciò che la ragazza sta facendo e le proibisce severamente di vedere Tibor.

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A scuola, Niki frequenta Karola, un ragazzo ricco che finge di essere il suo migliore amico, ma che in realtà si diverte a umiliare il nostro eroe. Quando Karola compra un paio di scarpe che Niki ama ma che non può permettersi, scopriamo subito che la mela non cade mai lontano dall'albero.

Anche se Tibor all'inizio insiste a dire a sua figlia che non ha niente da darle e che sta meglio con la nonna, la determinazione e il fascino di lei lo fanno rapidamente cambiare idea. Ma le conseguenze della rissa nel night-club e la rivelazione del motivo per cui Tibor era in prigione rischiano di dimostrare che "l'amore vince su tutto" è solo una frase.

Kis mostra un vero talento per una regia vibrante e cinematica. La macchina da presa di Ákos Nyoszoli è raramente statica e si muove rapidamente, mentre il montaggio veloce di Vanda Gorácz dà giusto lo spazio per far brillare le due star in ambienti chiaramente delineati. Gli spazi scuri e disordinati dell'appartamento della nonna sono in contrasto con le aule e i corridoi luminosi della scuola di Niki, e il ricco uso degli esterni dà ampiezza al film. Particolarmente riuscito è il viaggio notturno in auto che Tibor e Niki intraprendono nell'ultima sezione del film, che ha una qualità selvaggia e da incubo.

Wild Roots è un piccolo film, prodotto da Proton Cinema con i fondi dell'Incubator Program dell'Hungarian National Film Institute per film a basso costo. La sua trama, la narrazione e il messaggio sono qualcosa che abbiamo già visto molte volte, ma ha un grande cuore, e questo è soprattutto grazie al lavoro di Kis con i due non professionisti.

È tanto facile indovinare che Dietz non è un attore professionista quanto è ovvio dal suo fisico che è un pugile professionista, e il regista usa consapevolmente questo aspetto nella creazione del suo personaggio. Quando è arrabbiato e si trattiene, la sua energia brilla sullo schermo, come se stesse per esplodere. E quando quella furfantella di Horváth sfodera il suo fascino selvaggio, il tipo dal naso affilato con gli occhi penetranti e la testa rasata sembra sciogliersi - ma è grazie a un'inquadratura e un montaggio ben studiati, piuttosto che a qualsiasi cambiamento nella sua espressione facciale. La performance della Horváth è inoltre commovente nei punti emotivi chiave, e potrebbe facilmente avere un grande futuro come attrice: ha sicuramente il carisma e lo spirito per farlo.

Oltre a Proton Cinema, Wild Roots è stato co-prodotto dalla compagnia slovacca MPhilms, che ha ricevuto finanziamenti dal Slovak Audiovisual Fund e dal Minority Culture Fund Slovakia. La m-appeal di Berlino ne detiene i diritti internazionali.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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