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CANNES 2021 Un Certain Regard

Recensione: Let It Be Morning

di 

- CANNES 2021: Il regista israeliano Eran Kolirin torna con una divertente commedia drammatica sulle sorti di un piccolo villaggio a maggioranza araba in Israele

Recensione: Let It Be Morning

Quando la terra su cui si cammina è stata contesa per secoli e i confini territoriali si stanno rapidamente sgretolando, cosa significa impegnarsi per il futuro? Cosa significa ad esempio, come in Let It Be Morning [+leggi anche:
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, celebrare un matrimonio o fare un investimento immobiliare discutibile mentre la terra palestinese si sta riducendo, anche all'interno dei suoi confini ufficiali, imposti dagli Accordi di Oslo. Eran Kolirin torna fiducioso nella sezione Un Certain Regard di Cannes con il suo quarto lungometraggio, che richiama l’atmosfera claustrofobica e comica del suo successo del 2007 The Band's Visit [+leggi anche:
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. Questo nuovo film ritrae l'attuale situazione israelo-palestinese in un modo più agile e più adatto al pubblico, rispetto ai vari documentari sull'argomento, anche se sembra che stia predicando ai convertiti.

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La collaborazione letterale israelo-palestinese in questo film è degna di nota: il romanzo originale proviene dal noto autore e giornalista palestinese Sayed Kashua, scritto in ebraico come gesto ironico e politicizzato; poi adattato dall'israeliano Kolerin. Al di là della coproduzione israelo-francese, nei loghi prima dell'inizio del film, troviamo l'impronta di un grande centro della comunità ebraica di New York. In un mondo in cui sempre più ebrei si stanno voltando politicamente a sinistra quando si tratta di questo conflitto, Let It Be Morning visualizza ulteriormente, per loro e altri spettatori internazionali, la brutalità di vivere sotto costante governo militare, sorveglianza e disordine. Per coloro che hanno una maggiore affinità con la Palestina, è un fatto tutt'altro che rivelatore, e l'epilogo del film in particolare sembrerà una falsa e inverosimile alba di speranza.

La recitazione nel film è magnifica, anche se in ruoli tendono spesso a sembrare delle caricature un po’ troppo accentuate. Primo tra pari è Sami (Alex Bakri), un lavoratore nel mondo tech arabo israeliano incredibilmente bello che torna nel suo villaggio natale per celebrare il matrimonio di suo fratello maggiore Aziz (Samer Bisharat). Si sta separando dalla moglie Mira (Juna Suleiman) e sta conducendo una relazione con una donna israeliana; le forze e le alleanze, sia sociali che sessuali, gli stanno mordendo le caviglie. Ma la tensione cresce quando le forze israeliane scoprono che i palestinesi della Cisgiordania lavorano lì senza un permesso di soggiorno completo, impiegati nella vasta proprietà in cui Sami e un altro parente hanno investito. Questo non è un film dell'era Covid, ma nonostante ciò la parola 'lockdown' viene pronunciata tante volte: il villaggio viene presto circondato dalle truppe di terra dell’esercito israeliano come se facesse parte dei Territori Palestinesi; l'elettricità viene spenta; e viene impedito di fare entrare i rifornimenti. La mossa è tanto una provocazione quanto una punizione; in varie fasi della storia, uno gruppo di manifestanti si

Let It Be Morning riguarda anche il conformismo e la solidarietà all'interno delle comunità arabe e palestinesi. Tra la classe media più benestante, a cui appartiene la famiglia allargata di Sami, c'è un dilemma esistenziale su come lo status quo possa essere nel loro interesse. Per Sami, vedere quanto la sua vita sia diversa da quella dei suoi coetanei provoca un'ondata di sensi di colpa. E una volta iniziato il blocco militare, si trova di fronte a ricordi della natura precaria della sua vita a Gerusalemme: l'implicazione finale è che tornerà "a casa", dopo aver capito perché il radicalismo e la protesta sono le uniche strategie praticabili per gli arabi israeliani e palestinesi meno fortunati di lui. Il fatto che Kolirin lo presenti in gran parte sotto forma di commedia buffa è una benedizione contrastante.

Let It Be Morning è una co-produzione tra Israele e Francia, prodotto per Dori Media da Nadav Palti, con Les Films du Poisson come co-produttori. The Match Factory ne gestisce le vendite internazionali.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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