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HOT DOCS 2021

Recensione: The Taste of Desire

di 

- Il documentario di Willemiek Kluijfhout parla di ostriche e desiderio, ma raggiunge luoghi molto più profondi e bui del previsto

Recensione: The Taste of Desire

La regista olandese Willemiek Kluijfhout ha prodotto più di un documentario sul cibo, e la sua opera d’esordio, Mussels in Love [+leggi anche:
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, nel 2013 ha aperto la sezione Culinary Cinema della Berlinale. La sua ultima uscita, The Taste of Desire, presentata in anteprima mondiale a Hot Docs, parla di ostriche. Ma va oltre le aspettative, rivelandosi un’opera quasi filosofica, piuttosto che un film sexy, attraente, appetitoso.

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Ciò non significa che questo aspetto non sia presente. Le ostriche sono associate al sesso, alla sensibilità, alla lussuria, all’irraggiungibilità e, ovviamente, al desiderio. Kluijfhout esplora questi argomenti ma si addentra in luoghi molto più profondi e bui attraverso le storie intrecciate di cinque personaggi, le cui vite sono connesse a questi organismi marini in diversi modi.

Una giovane ex-modella svedese abbandona la sua carriera e inizia a pescare ostriche. Uno chef francese rinuncia alle sue tre stelle Michelin non appena realizza che non lo stavano rendendo felice. Uno psicoanalista britannico, malato di cancro terminale, vuole concludere il suo libro sulle ostriche (“il miglior libro sulle ostriche”) prima di morire. Una ballerina di burlesque fa la sua grande entrata uscendo da un’ostrica gigante, e l’intero spettacolo si basa su questo. Una produttrice di perle giapponese sta ancora cercando la sua strada, anche se sembrerebbe si trovi sulla buona via: da lei impariamo che solo lo 0,5% di perle nascono perfettamente tonde. Ciò che le interessa però sono le imperfezioni, che sono più facilmente e naturalmente connesse alla vita reale.

Per essere un film che tratta un argomento così sensuale e tangibile, The Taste of Desire è alquanto intellettuale. Le interviste con i protagonisti sono riportate in voice-over, mentre vengono proiettati dei loro filmati in cui lavorano o svolgono le loro faccende giornaliere, e il film diventa man mano più oscuro attraverso le rappresentazioni del loro passato spesso travagliato. Lo chef è stato ispirato a dedicarsi alla sua professione, e quindi a seguire la sua filosofia di vita, dopo un tentato omicidio al quale è sopravvissuto per miracolo. La sommozzatrice ha avuto seri problemi psicologici da adolescente, tra cui l’anoressia e tendenze suicide, mentre lo psicoanalista ci fornisce il pensiero più profondo di tutti, rappresentando una persona consapevole della sua imminente scomparsa.

Questo aspetto è controbilanciato da una voce fuori campo “appartenente al desiderio”. Una voce femminile tenue, sexy, e spesso attraente parla in prima persona della sua natura contraddittoria, ed è facile connettere questa ambiguità all’ostrica stessa: ispida all’esterno, setosa all’interno, di genere mutevole. Alla fine, diversi dettagli della pelle di alcuni protagonisti chiudono il cerchio.

Girato elegantemente da Remko Schnorr, montato da Saskia Kievits con un ritmo che segue l’arco emotivo del film, e con la fantastica ma discreta colonna sonora composta da Tuur Florizoone, The Taste of Desire vi farà bramare le ostriche, vi farà anche eccitare in alcuni momenti e senz’altro vi ricorderà che la vita esiste per esser celebrata. Ma è ancora più probabile che vi farà riflettere sulle vostre scelte e sulla vostra visione del mondo, e dunque, potrebbe facilmente cambiare il vostro umore facendovi provare una leggera sensazione di malinconia.

The Taste of Desire è una coproduzione della società Halal  di Amsterdam e della belga Cassette for Timescapes. I diritti internazionali appartengono alla Rise and Shine.

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(Tradotto dall'inglese da Chiara Morettini)

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