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FIFDH GINEVRA 2021

Recensione: Rouge

di 

- Un thriller sociale e familiare dinamico, etichettato da Cannes, che esplora il conflitto tra la lotta contro l'inquinamento e la difesa degli interessi economici

Recensione: Rouge
Zita Hanrot e Sami Bouajila in Rouge

"Perché ti immischi in cose che non ti riguardano?", "Pensi che siano i verdi che salveranno i nostri posti di lavoro?". Proprio nel momento in cui il progetto di legge "Clima e resilienza" è in discussione all'Assemblea nazionale francese, Rouge [+leggi anche:
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, il secondo lungometraggio di Farid Bentoumi, etichettato dalla Selezione ufficiale di Cannes 2020, continua la sua carriera festivaliera nel concorso Fiction del 19° FIFDH (Festival del Film e Forum Internazionale sui Diritti Umani) a Ginevra, in attesa di un’uscita nelle sale in Francia che Ad Vitam è stata costretta a rinviare più volte dallo scorso autunno, causa pandemia.

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Un tempo sospeso che non toglie nulla all'urgenza e alla rilevanza di un tema ambientale trattato con grande efficacia ed empatia da un film che si pone esattamente all'incrocio di interessi contraddittori: da un lato la salute pubblica minata dall'inquinamento industriale, dall'altro la salvaguardia dell'economia e dell'occupazione; ma anche la lealtà verso la propria famiglia o la propria impresa, da una parte, e dall’altra la necessità di dire la verità e svolgere il ruolo scomodo di whistleblower.

Questo messaggero, che non aveva in programma di diventare tale, è un'infermiera, Nour (il talento emergente Zita Hanrot), tornata nella sua piccola città natale dopo aver commesso un errore nell’ospedale dove lavorava e che viene reinserita nella fabbrica chimica dove suo padre Slimane (Sami Bouajila, impeccabile come sempre) lavora da 29 anni e di cui è anche delegato sindacale. Una cosa tira l'altra, dall'osservazione dei problemi respiratori di un lavoratore stranamente mai esaminato dal medico del lavoro da 15 anni all'episodio di un precario bruciato e "consolato" (senza dichiarazione ufficiale di infortunio) da una busta compensativa, la giovane donna si pone sempre più domande.

Domande che la mettono contro il padre ("è la fabbrica che ci nutre. Il cane non morde la mano di chi lo nutre", "il codice del lavoro? Vuoi che perda il mio posto? Non sei contraria al fatto che ti ho trovato un lavoro?") e con il resto della sua famiglia, tutti solidali con il buon funzionamento dell'azienda (diretta da Olivier Gourmet) in un momento in cui i poteri pubblici stanno rivedendo la legge sullo scarico di prodotti chimici. Il percorso di Nour incrocia poi quello della giornalista indipendente Emma (Céline Sallette) che sta conducendo un'indagine che ha avuto origine decenni prima nell'area protetta (e recintata) del lago, nel vicino parco naturale...

Presa di coscienza graduale, superamento del confine tra semplice fonte giornalistica e attivismo, ma anche conflitto morale tra un tradimento affettivo e una richiesta di trasparenza: Rouge (la cui trama è stata scritta dal regista e da Samuel Doux) gioca in modo intelligente la carta di una trama alla Erin Brockovich e riesce ad evitare il manicheismo attraverso un ritratto fedele di un ambiente operaio preso in ostaggio e sacrificato sull'altare della minaccia della disoccupazione. Tracciando nel frattempo un'immagine credibile del giornalismo investigativo, il film pone perfettamente tutte le complesse questioni della battaglia ecologica concentrandosi allo stesso tempo su uno stile visivo e un ritmo molto accessibile al grande pubblico, che potrà facilmente identificarsi con le preoccupazioni della protagonista e di suo padre. Perché è anche nel microcosmo delle famiglie e nella necessità di superare le divergenze derivanti dalle pressioni esterne che va reimpostata la lotta all'inquinamento.

Prodotto da Les Films Velvet e coprodotto dai belgi di Les Films du Fleuve e da Auvergne-Rhône-Alpes Cinéma, Rouge è venduto nel mondo da WTFilms.

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(Tradotto dal francese)

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