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BERLINALE 2021 Panorama

Recensione: Miguel’s War

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- BERLINALE 2021: Il documentario creativo e dinamico di Eliane Raheb utilizza diverse tecniche narrative per psicoanalizzare un gay libanese che è andato a cercare la libertà in Spagna

Recensione: Miguel’s War

Essere arabi e omosessuali non è facile: di questo parla Miguel’s War [+leggi anche:
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scheda film
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, film di Eliane Raheb presentato nella sezione Panorama della 71ma Berlinale. La regista di pellicole come Sleepless Nights e Those Who Remain appare nel suo film intervistando, accompagnando, discutendo, trasportando e aiutando il suo protagonista a trovare l'origine dei suoi problemi psicologici e affettivi. Una madre spaventosa e il suo stesso orientamento sessuale hanno lasciato impronte profonde, specialmente perché lei era siriana e lui è cresciuto in Libano alla fine del secolo scorso.

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Tornando ai luoghi della sua infanzia a Beirut, segnata da una guerra civile catastrofica, Raheb costruisce un quadro nel quale inserisce confessioni, conversazioni, riunioni e ricostruzioni di momenti della vita dell'insoddisfatto Miguel Jleilaty, che è rinato il giorno in cui ha attraversato il Mediterraneo diretto a Madrid cercando di essere un uomo felice. Per illustrare questa odissea verso la libertà, la regista fa anche uso di sequenze d’animazione spiritose, audaci ed espressive (ad opera di Fadi El Samra), magnificamente assemblate tramite il lavoro di montaggio della stessa Raheb, dove non manca l'impiego di immagini d'archivio.

Tutto questo per costruire il ritratto sensibile di un uomo che fin dall'infanzia si sentiva diverso ed emarginato all'interno di una società e di una famiglia che non accettava la differenza (gli dicevano addirittura che aveva il diavolo dentro), tanto meno qualsiasi devianza dal sacro dovere della procreazione e dell’obbedienza ai precetti religiosi. Sono passati quasi quarant'anni da quando Miguel si è lasciato alle spalle quel passato e una vita che lo schiacciava; ora è il momento della catarsi per curare quelle ferite non ben rimarginate.

Ecco perché il protagonista e la regista tornano in Libano e visitano anche Siviglia, Granada e Barcellona, ​​luoghi che hanno significato molto per lui. Oggi Miguel si guadagna da vivere lavorando come traduttore, frequenta corsi di canto e vive apertamente la sua sessualità (per esempio, utilizza apertamente le app per appuntamenti o dice senza remore che gli piacciono uomini come la star televisiva degli anni '70 Lee Majors), ha trovato la sua tanto agognata libertà e una famiglia amorevole (i suoi amici, tra cui spiccano diversi travestiti). Tutto questo è narrato con simpatia, ritmo, creatività e, anche se non mancano le lacrime, le ricostruzioni – anche di sogni “biblici” – con gli attori (al cui casting assiste lo spettatore) e le confessioni traumatiche, trabocca di senso dell'umorismo, comprensione, accettazione e tolleranza.

Miguel’s War ha ricevuto il premio di produzione Robert Bosch e ha partecipato a La Fabrique des Cinémas du monde, una piattaforma di coproduzione del Festival di Cannes. Il film è una coproduzione tra Libano, Germania e Spagna delle compagnie Itar productions, Kabinett Filmproduktion e Zeitun Films.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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