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IFFR 2021 Limelight

Recensione: Riders of Justice

di 

- Il film di Anders Thomas Jensen che ha aperto Rotterdam, con protagonista Mads Mikkelsen, è un titolo dall'umorismo molto contorto

Recensione: Riders of Justice
Nikolaj Lie Kaas, Lars Brygmann e Mads Mikkelsen in Riders of Justice

Il lavoro di Anders Thomas Jensen, il regista che ha dato a Mads Mikkelsen un labbro leporino in Men & Chicken [+leggi anche:
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(per citare solo uno dei suoi tanti successi), dovrebbe ottenere maggior riconoscimento. Soprattutto perché le sue opere mostrano quanto lontano possa arrivare l'umorismo nero. In Riders of Justice [+leggi anche:
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intervista: Anders Thomas Jensen
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, selezionato come film d'apertura all’International Film Festival Rotterdam di quest'anno, il regista perfeziona l'arte di farti prima ridere a crepapelle e poi farti sentire in colpa per questo. Una cosa molto danese, a quanto pare.

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Già dare un accenno di sinossi, lo ammettiamo, è sorprendentemente piacevole, giacché siamo di fronte a una storia che dimostra che rubare una bicicletta per una ragazza in Estonia può scatenare un vero inferno. Nella versione di Jensen dell’"effetto farfalla", secondo cui un piccolo incidente può avere un grande impatto sul futuro, un soldato interpretato da Mikkelsen torna a casa per prendersi cura di sua figlia dopo che sua moglie è morta in un incidente ferroviario. Tuttavia, come sostengono alcuni strani analisti di dati che bussano inaspettatamente alla sua porta (Nikolaj Lie Kaas e Lars Brygmann), forse non è stato davvero un incidente, poiché – in breve – nessuno sprecherebbe un panino e un succo del valore di 14 euro. Il film cita di frequente anche un piede torto, un ragazzo di nome Emmenthaler e afferma che le persone grasse sembrano meno grasse quando stanno insieme. Questo è probabilmente ciò che chiamano amore a prima vista.

Anche se elencare le tante stravaganze del film sarebbe un bel passatempo (proprio come in Mandibules [+leggi anche:
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intervista: Quentin Dupieux
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di Quentin Dupieux, qui la nozione di "normalità" è solo un'illusione), la verità è che c'è anche molto dolore nella storia. Trauma represso, lutto e una totale incapacità di affrontarlo, esemplificati al meglio nel Markus di Mikkelsen: un uomo con un piccolo problema di temperamento e una preoccupante mancanza di controllo, che avanza rompendo cose e nasi come un Hulk scandinavo. Oltre a una totale disconnessione con la stessa figlia: invece di accompagnarla nell’elaborazione del lutto, preferisce chiederle se corre ancora tre volte a settimana. Una volta che il film si trasforma in una sorta di versione delirante di Ocean's Eleven, in cui i protagonisti tramano la loro vendetta in un fienile grande come un aeroporto, si tratta di trovare un senso nella vita, giacché l'idea che sia tutto solo una coincidenza è troppo spaventosa da sostenere.

Qual è quindi la soluzione offerta? Imparare a montare un fucile, va bene, ma anche stare insieme. È divertente vedere come, pur essendo un regista così singolare, Jensen abbia un cuore tenero e si diverta a mostrare i personaggi mentre cercano di avvicinarsi l'un l'altro, nel loro modo bizzarro, l'unico che conoscono. "Potrebbe non essere la stessa cosa, ma mi è piaciuto suonare il corno", dice un personaggio in un momento di empatia per il dolore palese di qualcuno, e anche se non è la stessa cosa in effetti, aiuta. Soprattutto quando sai già come assemblare un fucile.

Riders of Justice è prodotto dalla danese Zentropa; le vendite sono gestite da TrustNordisk.

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(Tradotto dall'inglese)

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