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TORINO 2020

Recensione: Calibro 9

di 

- Toni D'Angelo gira con ritmo il sequel del poliziottesco anni 70 Milano Calibro 9 aggiornandolo al mondo criminale di oggi ma senza le atmosfere del predecessore

Recensione: Calibro 9
Marco Bocci in Calibro 9

C’era una volta il poliziottesco, amatissimo sottogenere del crime italiano, che spopola negli anni Settanta, sulla scia del successo della serie americana dell’ispettore Callaghan/Clint Eastwood. Come per Don Siegel negli Usa, l’accusa è di essere cinici e reazionari, anche se tremendamente divertenti: sparatorie, inseguimenti in auto, pestaggi, torture, tradimenti su linee narrative costanti, che scimmiottano senza pudore il cinema made in USA ma lo riconducono magistralmente all’incerto clima sociale nazionale dell’epoca. L’eroe è sempre un poliziotto non compreso dai suoi superiori, che lotta da solo contro la malavita e la corruzione. Nel fiume di titoli spesso stereotipati che si sono riversati in sala in quegli anni, spiccano per originalità e intelligenza i film di Fernando Di Leo, ex sceneggiatore non accreditato di due western del maestro Sergio Leone, di cui si ricorda sopratutto Milano calibro 9 del 1971. Primo capitolo di una trilogia che si ispirava ai racconti di Giorgio Scerbanenco, indiscusso maestro del crime, era interpretato con ironia da Gastone Moschin, Barbara Bouchet, Mario Adorf e Philippe Leroy.

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A quasi 50 anni da quel film, un’operazione nostalgia nasce dalla mente del produttore di Minerva Pictures Gianluca Curti, figlio dell’allora produttore di Milano calibro 9, Ermanno (scomparso nel 2011). Gianluca pensa ad un omaggio esplicito al film di Fernando Di Leo, anzi a un vero e proprio sequel, e lo affida alla regia dell’abile Toni D'Angelo, che si era già cimentato tre anni fa con un poliziesco, Falchi. Nasce Calibro 9 [+leggi anche:
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scheda film
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, scritto a quattro mani da Curti e D’Angelo assieme a Luca Poldelmengo e Marco Martani, Fuori Concorso al Torino Film Festival 2020.

Nel film del 1971 il corriere Ugo Piazza si metteva contro l'Americano, il boss dell'Organizzazione, per la scomparsa di 300.000 dollari nel traffico di valuta clandestina. Calibro 9 aggiorna all’oggi il genere, inserendo nella storia la temibile ‘ndrangheta calabrese e gli interessi sporchi dell’alta finanza internazionale, in una movimentata vicenda che si dipana tra Milano, Toronto, Mosca, la Calabria e Anversa (il film è una coproduzione italo-belga).  Protagonista è un avvocato di Milano, Fernando Piazza (Marco Bocci, volto conosciuto per le serie tv), che gira in Porsche 911 Blackjack e si muove tra imprenditori e malavita. E’ il figlio di Ugo Piazza e come lui si ritrovata braccato dalla ’ndrangheta per aver dirottato 100 milioni di euro sporchi con l’aiuto di una hacker. La caccia al denaro porta allo scontro tra due “famiglie” calabresi, gli Scarfò e il clan Corapi, con Fernando tra i due fuochi, aiutato dalla sua ex fiamma Alma (Kseniya Rappoport), avvocata anch’essa e fedele nipote del boss Mimmo Corapi e da Rocco Musco (Michele Placido), appena uscito dal carcere, che nel film precedente aveva vendicato l'assassinio del padre di Piazza. Completano il quadro la mamma di Fernando, Nelly, interpretata nuovamente da Barbara Bouchet cinquanta anni dopo, un pubblico ministero corrotto e un poliziotto (Alessio Boni) “che si è stancato di perdere” e assiste allo scontro, memore del motto romano “divide et impera” (ma ad imperare resterà sempre la criminalità e la Deutsche Bundesbank).

Girato con ritmo e la giusta dose di violenza, Calibro 9 non ha però la capacità di ricreare le atmosfere dei film a cui rende omaggio. Considerato l’argomento, ha qualche affinità con la serie tv ZeroZeroZero [+leggi anche:
recensione
scheda series
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, dal romanzo di Roberto Saviano (leggi la recensione), ma non ne condivide certo il budget. E’ forse per questo motivo che gli si possono perdonare alcune ingenuità dei dispositivi narrativi nell'impianto della sceneggiatura, qualche cliché, e scene d’azione poco plausibili anche se artigianalmente ben fatte.

Calibro 9 è prodotto da Minerva Pictures con Rai Cinema, in co-produzione con la belga Gapbusters. Minerva Pictures Group cura le vendite internazionali.

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