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FILM / RECENSIONI Regno Unito

Recensione: Host

di 

- Il cinema horror sbarca sulla piattaforma Zoom, ormai onnipresente, in questo film compatto ambientato durante il lockdown del regista britannico emergente Rob Savage

Recensione: Host
(Fila in alto) Emma Louise Webb, Caroline Ward, Jemma Moore e (fila in basso) Radina Drandova in Host

La storia del cinema è piena di momenti “prima” e “dopo”, di spartiacque in cui ogni nuova opera deve rispondere alle innovazioni della sua epoca. Host [+leggi anche:
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, un horror ambientato e girato durante il lockdown dal regista britannico Rob Savage, non fa eccezione, ed è uno dei primi film veramente degni di nota nel ristretto panorama cinematografico scaturito dalla pandemia di COVID-19. Ispirato da un tweet virale e costruito in remoto dalla troupe utilizzando la piattaforma Zoom, ha goduto di un buon passaparola quando è uscito la scorsa estate tramite Shudder, e uscirà questo autunno in Europa, anche in alcune sale.

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I film dell'orrore sono sempre stati un genere che nasce da limitazioni e opportunismo, quindi è forse inevitabile che un regista che ragiona rapidamente capitalizzi il momento attuale che stiamo vivendo. Zoom, infatti, è stata una delle panacee di questa epoca; sarebbe difficile immaginare di rimanere sani di mente in un anno di pandemia senza di esso. È anche una delle cose meno spaventose che si possano immaginare. La cosa più lodevole in Host è il senso di un'idea più che ordinaria eseguita ben oltre le aspettative: attenendosi risolutamente alla prospettiva visiva del monitor di un computer, Savage raggiunge uno strano tipo di suspense meditativa. Si potrebbe confrontare in modo produttivo questo film con gli esercizi di split screen di Brian De Palma, o anche con il lavoro degli anni '70 di Godard come Numéro deux, dove il regista cercava di riconfigurare ciò che la cornice cinematografica poteva contenere, sovrapponendo immagine su immagine.

Host mantiene anche il tropo horror dei protagonisti che sono, per dirla senza mezzi termini, un po' grezzi. Non sapendo bene il perché, ci ritroviamo catapultati direttamente nello scenario principale e assistiamo allo svolgimento di una riunione Zoom in tempo reale. Haley (Haley Bishop) ha convocato quattro amiche intime, Jemma (Jemma Moore), Emma (Emma Louise Webb), Radina (Radina Drandova) e Caroline (Caroline Ward), per intraprendere una seduta spiritica guidata dal mistico scozzese Seylan (Seylan Baxter). A differenza di Haley, le sue amiche sono più su una lunghezza d'onda di "sciocchezze e risatine" e minano l'atmosfera pia che il medium ha escogitato per comunicare con gli spiriti dell'aldilà. Una battuta di Jemma sconvolge il delicato equilibrio tra spirito e mondo, evocando un demone, che i partecipanti devono ora impegnarsi ad espellere.

Ci provano in tutti i modi, ma come spesso succede nei film basati su found-footage, non abbastanza per chiamare le forze dell'ordine o spegnere i loro fastidiosi dispositivi di registrazione, permettendo allo spettatore di assistere a tutto. Nell'ultima mezz'ora, le paure e le scosse arrivano a un ritmo piacevolmente rapido, lasciando gradualmente senza fiato, anche se la maggior parte sono del tenore "guarda cosa c'è dietro di te" in stile Paranormal Activity. Savage mostra poca pietà o sentimentalismo nei confronti dei suoi personaggi; forse è il suo sottile aggancio con il clima da COVID-19, visto che il virus rappresenta ancora un grave pericolo per tutti in vista di un ingresso nel 2021 ancora senza un vaccino. Host è troppo legato alle peggiori convenzioni del suo genere per impressionare pienamente e probabilmente funziona meglio per gli spettatori più giovani o meno esigenti, ma è un forte esempio di cinema che guarda una catastrofe negli occhi e si rifiuta di ripiegare sui vecchi modi.

Host è una produzione britannica guidata da Shadowhouse Films e Shudder.

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(Tradotto dall'inglese)

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