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ZURIGO 2020

Recensione: Zurich Diary

di 

- Stefan Haupt ci conduce per mano nei meandri di una città, Zurigo, che malgrado i cambiamenti profondi non smette di intrigarlo

Recensione: Zurich Diary

Un anno dopo il sontuoso lungometraggio Zwingli [+leggi anche:
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, plurinominato al Premio del cinema svizzero e selezionato in festival prestigiosi quali Soletta, Monaco e Locarno, Stefan Haupt ci propone una meditazione cinematografica sulla sua vita e soprattutto sulla sua città, Zurigo. Proiettato allo Zurich Film Festival nella categoria Premières Gala, Zurich Diary [+leggi anche:
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permette al pubblico di entrare nell’intimità del regista svizzero, di osservare attraverso i suoi occhi i mutamenti di una città che l’ha visto nascere e cresce, una città che non smette di amare malgrado diventi con gli anni sempre più tentacolare ed egoista.

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Rendendosi conto di aver già vissuto la “metà della sua vita”, il regista svizzero decide di girare un documentario sulla sua città d’origine, un luogo al contempo reale e sognato fatto di ricordi, esperienze vitali e cambiamenti radicali. Nato nel 1961, Haupt non ha mai abbandonato Zurigo vivendone sulla sua pelle i mutamenti. Zurich Diary è strutturato come un diario cinematografico nel quale il regista diventa una sorta di guida turistica virtuale che fa deambulare gli spettatori da un quartiere all’altro, da una realtà all’altra. Annidato nel suo rassicurante quartiere, il Kreis 5, ai tempi no man’s land dall’atmosfera alternativa, diventato oggi il QG della gioventù hipster bobo zurighese, Stefan Haupt ci mostra la sua città in tutto il suo decadente splendore.

Zurich Diary è un film estremamente personale nel quale appaiono alcuni membri della sua famiglia, tra i quali le sue figlie e i suoi genitori ma anche personalità pubbliche quali la consigliera nazionale Jacqueline Badran e il giornalista Hansi Voigt che parlano di temi sensibili legati alla crisi finanziaria e all’evoluzione (catastrofica) del mercato immobiliare. Malgrado Haupt parli senza falsi pudori della sua vita, Zurich Diary riesce miracolosamente a non scadere nell’asettica autoglorificazione mostrandoci, in parallelo ai suoi ricordi personali, anche avvenimenti chiave che hanno marcato a fuoco la città quali le manifestazioni per il clima o ancora lo sciopero femminista. La vita del regista, ricostruita attraverso la memoria della città, viene abbordata da una prospettiva innegabilmente politica e sociale, come a voler sottolineare l’importante compenetrazione e influenza tra mondo interiore e realtà tangibile.

Con il suo film, Haupt non pretende essere esaustivo o imparziale ed è questo a farne la forza. Zurich Diary non si pone l’obiettivo irrealizzabile di spiegare i cambiamenti di una città o le mutazioni di una società sempre più complessa e contradditoria. Quello che vuol fare è piuttosto dare agli spettatori un punto di vista, immancabilmente soggettivo e influenzato dall’esperienza personale. In questo senso, brillante e decisamente lucida è la reazione di suo figlio rispetto al film che sta girando: “papà, lascia che ti dica una cosa, questi vecchiacci sono ovunque, questi uomini al potere bianchi ed eteronormativi. Cercano di spiegarci il mondo con tutte le sue regole, leggi, costrizioni. Chi determina il dibattito politico? Gli uomini bianchi di più di cinquant’anni”. Haupt ci mostra da una prospettiva personale, fatta di pensieri e ricordi, una società al contempo confusa e spaventosa ma anche estremamente affascinante e contradditoria.

Zurich Diary è prodotto da Fontana Film GmbH, SRF Schweizer Radio und Fernsehen e SRG SSR. Fontana Film si occupa anche delle vendite all’internazionale.

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