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FANTASIA 2020

Recensione: Undergods

di 

- Nel suo primo lungometraggio, il madrileno Chino Moya alza il volume dei sintetizzatori

Recensione: Undergods
Géza Röhrig e Johann Myers in Undergods

Nel suo primo lungometraggio, Undergods [+leggi anche:
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, presentato in anteprima mondiale al Fantasia Film Festival in Canada (20 agosto-2 settembre), Chino Moya prende il concetto di favola della buonanotte e lo distorce completamente, probabilmente ridendo in modo maniacale. Il regista presenta uno strano universo, caratterizzato da inquietanti sfumature di blu, dove seguiamo due uomini che hanno visto di tutto e di più (Géza Röhrig, protagonista di Il figlio di Saul [+leggi anche:
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, e Johann Myers) mentre guidano attraverso ciò che resta del mondo e dei suoi abitanti. Mentre parlano dei loro sogni, Moya presenta una sorta di antologia: storie sull'avidità e sulla figlia di un commerciante, su un misterioso vicino che ha bisogno di un riparo e non se ne va mai, su un marito che è stato a lungo considerato morto. Questi fili riescono a fondere il bizzarro con il banale e, onestamente, è quest'ultimo ciò che fa davvero paura. Soprattutto perché, a un certo punto, sembra che tutti debbano stare alla larga dagli uomini bianchi di mezza età.

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Non si può negare che Undergods sia visivamente impressionante, poiché trova un modo nuovo per mostrare il mondo dopo il disastro. Mentre alcuni (come George Miller) guardano ai deserti roventi per rappresentare il mondo post-apocalittico, Moya opta per un clima più freddo.E questo è abbastanza appropriato, dal momento che quasi tutte le interazioni che mostra sono fredde come il ghiaccio, tanto da far impallidire la stessa Madonna con il suo “love doesn’t live here any more” (l’amore non vive più qui). Questa volta non ha nemmeno avuto la possibilità di acclimatarsi.

Poi c'è la colonna sonora (per gentile concessione del polacco Wojciech Golczewski), che racchiude tutto ciò che un synth può offrire, inclusa una certa dose di kitsch. Nonostante episodi di violenza esagerata, o l'informazione che "le persone morte hanno la pelle d'oca", il film mostra anche molto dolore. Così come un'interpretazione alcolica, cruda e commovente di "My Way" in un karaoke, davanti allo sguardo infastidito di un boss spregevole.

Questa combinazione, anche grazie a un cast molto raffinato – con Kate Dickie che assume una forma diabolica, con i suoi occhi spalancati – lo trasforma in qualcosa di più che un'esperienza puramente estetica. Non tutte le storie arrivano o hanno abbastanza tempo per avere l’impatto adeguato, questo è vero, e alcuni punti della sua trama sembrano un po' già visti. Ma è comunque un debutto molto interessante, che tra tutte le follie – e dentature orribili – riesce a catturare le frustrazioni quotidiane, le relazioni interrotte e mostrare qualcosa che, visto come stanno andando le cose ora, potrebbe effettivamente accadere un giorno. "Sono sveglio e non mi piace quello che vedo", dice uno dei suoi personaggi, comprensibilmente, poiché in questo scenario, la sua giornata può solo peggiorare. Ma il suo sentimento non sarà condiviso dagli spettatori di Moya.

Undergods, una coproduzione Regno Unito/Belgio/Estonia/Serbia/Svezia, è stato scritto da Chino Moya e prodotto da Sophie Venner per Z56FILM, Velvet Films, Homeless Bob Production, Media Plus e Filmgate Films. Il film è stato realizzato in associazione con RSA Films, Scott Free Productions e Film i Väst.

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(Tradotto dall'inglese)

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