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DOKUFEST 2020

Recensione: Once Upon a Youth

di 

- Il primo lungometraggio documentario del regista croato Ivan Ramljak, composto interamente da fotografie e filmati d'archivio, ha vinto il premio Balkan Doc al Dokufest

Recensione: Once Upon a Youth

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, il primo lungometraggio documentario del non più giovanissimo regista croato Ivan Ramljak, conosciuto nell’ambito festivaliero per i suoi cortometraggi (tra cui Island of Forgotten Cinemas), è stato realizzato in occasione della sua tesi di laurea presso l’Accademia di arte drammatica dell’Università di Zagabria. Questo, tuttavia, non ha impedito alla giuria del Dokufest di Prizren di premiarlo come Miglior film nella sezione dei documentari balcanici.

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Interamente composto da fotografie in bianco e nero e da un paio di video in VHS, è un ottimo esempio di documentario contenente filmati di repertorio. La storia del miglior amico di Ramljak, Marko Čaklović, venuto a mancare nel 2006 in circostanze tragiche e mai del tutto chiarite, è anche una storia generazionale di giovani dinamici e ispirati – coloro che si rifugiavano nella buona musica, nel cinema e nell’arte alla ricerca di una via di fuga metaforica da un paese uscito a pezzi dalle guerre degli anni ’90, con migliaia di morti e feriti, con infrastrutture distrutte, con un’economia in crisi e con un’irrefrenabile ondata di politiche nazionaliste sostenute dallo Stato.

Le fotografie sono state scattate da Čaklović mentre i pochi video presenti sono stati girati da Ramljak, e vengono riportate le testimonianze della sorella di Čaklović, di due sue ex-fidanzate, di un altro suo amico, e di Ramljak stesso. È la sua voce a dare inizio al film, descrivendo come all’epoca in cui i due amici trascorrevano insieme le loro giornate, una nuova stazione radio, Radio Student, andasse in onda. Correva l’anno 1996, la guerra era appena finita, e Ramljak fu invitato a diventare il direttore musicale della radio. Egli riunì un gruppo di giovani che condividevano le stesse idee e che ascoltavano musica alternativa e ribelle. Più che una questione di gusto musicale, ciò rappresentava per loro anche una presa di distanza, dal punto di vista culturale e civile, dalla banalità delle idee convenzionali e dalla pessima musica popolare balcanica.

Questo dissoluto gruppo di amici trascorreva le giornate nell’appartamento di Čaklović, poiché sua madre era spesso in viaggio per lavoro. “Erano momenti di pieno edonismo”, afferma il regista nel film: bevevano alcolici, fumavano erba, guardavano film, giocavano ai videogiochi… Visitavano isole in estate, con quattro soldi in tasca e con la vecchia ma fidata Renault 4 di Ramljak. E Čaklović indossava sempre gli stessi vestiti, noncurante di questioni così materiali. A lui importava soltanto della sua arte: la fotografia.

Le fotografie presentate nel film sono prova del suo enorme talento, egli però non aveva alcun interesse nel guadagnarsi da vivere. Con il passare del tempo i suoi amici cominciarono ad abbandonare l’alcool e a trovarsi un “vero” lavoro, Čaklović invece divenne incredibilmente introverso e distaccato. La testimonianza della sua seconda fidanzata intervistata nel film, Vedrana, al tempo stesso divertente, geniale, amorevole e terribilmente triste – senza alcun dubbio il punto più toccante in un film costellato di momenti intimi – cerca in qualche modo di spiegare la sua stravaganza e i suoi tratti caratteriali. Tuttavia non spiega esattamente come la situazione sia infine degenerata.

Non c’è musica nel film, tranne per un leggero suono stridulo che fa da sfondo ad alcune foto artistiche di Čaklović e per un brano post-rock accompagnato da violino alla fine del film, entrambi eseguiti dalla band Tena Novak di Zagabria. Ciò che rende Once Upon a Youth un film privo di ogni sentimentalismo, ma al tempo stesso bello e toccante non è tanto la profondità delle testimonianze quanto la loro onestà. Probabilmente la chiave per realizzare una simile opera è aver un buon amico ed essere un regista di talento.

Once Upon a Youth è stato prodotto presso l’Accademia di arte drammatica dell’Università di Zagabria.

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(Tradotto dall'inglese da Ilaria Croce)

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