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GALWAY 2020

Recensione: The 8th

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- Il documentario, diretto dal trio Maeve O’Boyle, Lucy Kennedy e Aideen Kane, si focalizza sulla recente campagna "Repeal the 8th" in Irlanda e ha aperto quest'anno il Galway Film Fleadh

Recensione: The 8th

Ieri, la 32ma edizione del Galway Film Fleadh si è aperta con la prima mondiale del documentario The 8th [+leggi anche:
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di Maeve O’Boyle, Lucy Kennedy e Aideen Kane.

Il film è introdotto da una scritta sullo schermo che afferma: “Nel 1983, il popolo irlandese ha votato per aggiungere l'ottavo emendamento alla costituzione, dando al nascituro un diritto alla vita pari a quello di sua madre. Da allora, gli attivisti per il diritto all'aborto hanno lottato per ribaltarlo". Nel dettaglio, il documentario si concentra sulla recente campagna "Repeal the 8th" (lett. abroga l’ottavo), che ha portato a un referendum di successo per legalizzare l'aborto il 25 maggio 2018, facendo dell'Isola di Smeraldo uno degli ultimi paesi europei rimasti a compiere questo importante passo.

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Il trio fa un ottimo lavoro nell'aprire il tema controverso mostrando un rapido scambio tra i due volti della società irlandese. Una ragazza che protesta a Dublino afferma che "il suo corpo è suo", e una vecchia signora religiosa le dice che non è suo, ma "è stato creato da Dio". È una discussione che forse sembra appartenere a un altro decennio (ormai lontano), ma che qui si svolge nel presente e in una delle nazioni più ricche e avanzate del pianeta.

La passione e il carisma dell'attivista accademica, femminista e per i diritti umani Ailbhe Smyth guidano gli spettatori per la maggior parte del film. Attraverso le sue parole e pensieri, arriviamo a conoscere gli sviluppi della campagna e le tragedie causate dall'assenza di una legislazione chiara – o sicura. A questo proposito, il documentario evidenzia il noto caso X nel 1992 e la morte di Savita Halappanavar, a cui fu negata la sua richiesta di intervento a seguito di un aborto incompleto nel 2012. L’autenticità della lotta di Smyth per i diritti delle donne è evidente sullo schermo e agisce come un potente connettore, in grado di collegare le voci più diverse del femminismo in una battaglia per la libertà che va oltre le affiliazioni politiche e i costrutti sociali.

Oltre alla presenza di Smyth, il documentario ospita una miriade di voci a sostegno della campagna "Repeal the 8th", ma sfiora soltanto le motivazioni e le lotte dei sostenitori pro-life (ad esempio, vediamo i contributi dell'arcivescovo e primate d'Irlanda Eamon Martin, e Maria Steen, dell'Istituto IONA per la religione e la società, un gruppo di difesa cattolica socialmente conservatore). Un'esplorazione più approfondita dell'"altra parte della barricata" potrebbe aver migliorato il potenziale del film. Infine, The 8th culmina in una sorta di momento di catarsi nazionale, che si svolge dopo che i risultati del referendum sono stati resi pubblici.

In termini di estetica, il film è girato e montato in modo impeccabile, ma adotta un approccio piuttosto tradizionale, che spesso trasmette un'atmosfera da "cinegiornale"; la storia della campagna è documentata da una serie di teste parlanti, riprese delle proteste, estratti radiofonici, dibattiti televisivi, discussioni parlamentari e filmati d'archivio. Inoltre, la colonna sonora si lega bene e accompagna gli sviluppi della campagna senza enfatizzare eccessivamente la narrazione. Nel complesso, i principali punti di forza del film sono il suo tema attuale (e il suo valore storico futuro) e la grande varietà di testimonianze dalla campagna "Repeal the 8th".

The 8th è una produzione di Black Tabby Films (Stati Uniti) in associazione con Fork Films (Stati Uniti) e l'irlandese Cowtown Pictures, con il sostegno di Screen Ireland, l'agenzia audiovisiva del paese. Break Out Pictures ha recentemente annunciato che distribuirà il documentario nei cinema irlandesi il prossimo autunno.

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(Tradotto dall'inglese)

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