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HOT DOCS 2020

Recensione: Only the Devil Lives Without Hope

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- Il film di Magnus Gertten esplora una storia politica in Uzbekistan con atmosfere da spy thriller, ponendosi al confine tra il cinema d'autore e il documentario investigativo

Recensione: Only the Devil Lives Without Hope

Il regista svedese Magnus Gertten ritorna nell'ex repubblica sovietica dell'Uzbekistan in Asia centrale, dopo il documentario del 2009 Long Distance Love, con il suo ultimo film, Only the Devil Lives Without Hope [+leggi anche:
trailer
intervista: Magnus Gertten
scheda film
]
. Il film, che indaga sul caso di un prigioniero politico attraverso le esperienze della sorella attivista dell'uomo, è stato presentato in anteprima mondiale a CPH:DOX ed è attualmente in proiezione a Hot Docs.

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La protagonista del film è Dilya Erkinzoda, sorella di Iskandar Khudayberganov, arrestato nel 2002 con l'accusa di terrorismo dopo un attacco anonimo agli edifici governativi a Tashkent nel 1999. Iskandar è stato condannato a morte dal regime dell'allora dittatore Islam Karimov, che istituì un sistema violentemente secolare per contrastare l'immagine della regione come focolaio di terrorismo. Come dice Dilya, "se andavi in una moschea, eri considerato un estremista".

Dopo l'abolizione della pena di morte, Iskandar finì nella sezione più pesantemente sorvegliata della famigerata prigione di Jaslyk, nel bel mezzo del nulla, dove venivano tenuti e torturati la maggior parte dei prigionieri politici. Dilya aveva solo 20 anni quando fu incarcerato, e questo l’ha spinta sulla strada dell'attivismo politico, che a sua volta ha messo in pericolo lei e la sua famiglia, tanto che nel 2008 hanno ottenuto l'asilo in Svezia e si sono trasferiti lì.

Il film include testimonianze di altri attivisti e giornalisti che hanno sofferto per mano del regime e tutti loro, incluso un leader dell'opposizione che vive sotto stretta protezione a Istanbul, hanno dovuto abbandonare il loro paese. Gli ufficiali dell'intelligence di Karimov sono ovunque, e chiaramente non basta che i dissidenti si trasferiscano all'estero per stare al sicuro, ma la storia di Dilya assume una dimensione particolarmente inquietante giacché il pericolo la segue profondamente nella sua vita privata.

Sebbene Dilya non avesse notizie da Iskandar da oltre nove anni, ha mantenuto la sua speranza ed è andata avanti. Il titolo del film deriva da un detto uzbeko che lei ripete un paio di volte, e un messaggio dalla prigione comprovante che suo fratello era vivo ha rafforzato le sue intenzioni. Con la sua perseveranza e testardaggine, Dilya è una protagonista forte a cui lo spettatore può facilmente affezionarsi.

Sebbene il set-up sia simile a un thriller, l'umore del film è più atmosferico e malinconico che carico di suspense, ponendosi al confine tra il documentario investigativo e quello d'autore. Ci sono molte immagini di neve, sia quando Dilya viene ripresa in Svezia sia quando assistiamo alla testimonianza di un giornalista uzbeko in esilio in Kazakistan. Queste si contrappongono a immagini da lontano della prigione di Jaslyk in mezzo al deserto e, in un paio di scene, Gertten filma il sole attraverso i rami degli alberi, con un'ombra che gli conferisce una specie di alone nero. I filmati d'archivio degli anni 2000 sono di qualità VHS, e questo tipo di immagine sfocata e sbiancata si adatta all'idea dell'elusività dei sentimenti e della memoria – e, più specificamente, dell'identità e delle intenzioni di certe persone. La colonna sonora di Ola Kvernberg, tinta di una tradizionale atmosfera centroasiatica e che utilizza strumenti della regione, va dalla malinconia all'epica e viene ampiamente usata senza essere prepotente.

Only the Devil Lives Without Hope è una coproduzione delle svedesi Auto Images AB e Film i Skåne, e la norvegese UpNorth Film, con la partecipazione dell’emittente pubblica svedese SVT. La società di Malmö Auto Images detiene i diritti internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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