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TRIBECA 2020

Recensione: Stardust

di 

- Johnny Flynn interpreta un giovane David Bowie che parte per il suo primo tour negli Stati Uniti nello scarno biopic di Gabriel Range che non contiene nemmeno una nota della leggenda della musica

Recensione: Stardust
Johnny Flynn in Stardust

Le biografie dei musicisti sembrano spesso avere un handicap di base: quello di essere un atto creativo destinato a essere giudicato severamente in confronto al brillante soggetto che lo ispira. Stardust [+leggi anche:
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, del cineasta britannico Gabriel Range, affronta la figura di David Bowie, uno dei musicisti più amati degli ultimi cinquant’anni, e su cui alcuni registi, come Todd Haynes e Danny Boyle, hanno tentato invano di realizzare un film ufficiale. Range è ostacolato nel suo compito dal fatto di non aver ottenuto i diritti del catalogo musicale di Bowie, ma impiega alcuni astuti trucchi per volgere questo a suo vantaggio. Il film doveva essere presentato in anteprima al Tribeca Film Festival questo mese, ma l’evento è stato trasferito online. I produttori hanno quindi scelto di lanciare il film sotto forma di proiezione virtuale solo su invito riservata ai professionisti del settore.

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I fan di Bowie erano rimasti sorpresi dalla notizia del progetto all'inizio dello scorso anno, poiché al film sarebbero mancate le gloriose note della sua musica. Ma in un'epoca in cui Bohemian Rhapsody [+leggi anche:
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sembrano semplici playlist illustrate di grandi successi, c'è una logica nell'approccio non ortodosso di Range. Stardust ci porta in un'era in cui Bowie non era ancora Bowie, la sua voce artistica stava ancora germogliando, e provava costumi musicali che non gli calzavano alla perfezione. Johnny Flynn indossa l'abito in broccato color crema e il cappello floscio dei tempi di The Man Who Sold the World e dà un'impressione abbastanza convincente. Tuttavia il film non sfugge alla strana dissonanza cognitiva che provoca il vedere così tanto immaginario autentico di Bowie e del suo stile personale (come i meravigliosi vestiti d’epoca), ma senza ascoltare le melodie familiari di "Space Oddity", "Starman" e altre.

Stardust si apre con un Bowie abbattuto seduto con sua moglie Angela (Jena Malone) in un ufficio buio della casa discografica. Si sente una promessa mancata mentre il suo manager Terry Defries (Julian Richings) gli enumera una serie di singoli poco performanti e gli esprime la necessità di cambiare la percezione pubblica del suo lavoro. Così viene organizzato un tour promozionale in America, il suo primo viaggio nel paese, con l’addetto stampa dell’etichetta Ron Oberman (interpretato dal comico ed esperto di podcast Marc Maron) che lo accompagnerà da costa a costa, cercando di fissare incontri con riviste influenti e portare la sua musica nelle radio commerciali.

Questo materiale è ampio e abbozzato, con la sceneggiatura in particolare che fatica a sembrare autentica mentre mostra le macchinazioni interne dell'industria musicale. Fortunatamente, c’è Maron che scoppia di entusiasmo per la musica rock e sembra contento anche solo di passare del tempo con queste leggende. Questo filone della trama inizia a incastrarsi con un elemento che approfondisce maggiormente la psicologia di Bowie, ossia il rapporto con un amato fratellastro più grande che lo ha introdotto alla musica e all'arte, ma che ha lottato con una grave malattia mentale ereditaria per tutta la vita. Range e lo sceneggiatore Chris Bell trovano qui il più convincente motivo di essere del film: la vita di Bowie è tanto mitizzata, ma raramente sentiamo parlare dello spettro della follia e della schizofrenia che l’artista sentiva incombente, e che ha chiaramente nutrito i personaggi e gli alter ego della sua arte.

Alla fine, è un film difficile da consigliare perché il suo campo è molto limitato. Il materiale sull'educazione di Bowie e le sue prime influenze artistiche è pertinente, ma tutto ciò avrebbe meritato un film davvero imprevedibile e abbagliante come la sua musa ispiratrice.

Stardust è una produzione britannica guidata da Paul Van Carter e Nick Taussig per Salon Pictures e Matt Code per Wildling Pictures. Le vendite internazionali sono gestite da Film Constellation.

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(Tradotto dall'inglese)

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