email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

CINÉMA DU RÉEL 2020

Recensione: Chronique de la terre volée

di 

- Vincitore della competizione francese di Cinéma du réel, il film di Marie Dault si immerge in un "barrio" di Caracas tra sopravvivenza e ricerca di un'esistenza alla luce del sole

Recensione: Chronique de la terre volée

"Sto lottando per sopravvivere qui. Se Dio vuole, ne uscirò solo da morto". Nel corso del tempo, sulle colline di Caracas, si sono installate baracche precarie, grovigli di cavi elettrici, famiglie indigenti, aggiungendo gradualmente alla capitale venezuelana molti distretti informali, sconosciuti al catasto e fuorilegge in termini di proprietà. Una crescita urbana selvaggia che si iscrive in una lunga tradizione di lotta rivoluzionaria e alla quale il presidente Hugo Chávez aveva dato la sua benedizione ufficiale nel 2002, incoraggiando le persone a occupare i terreni edificabili della città e introducendo procedure amministrative che le avrebbero aiutate ad acquisirne i titoli di proprietà.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

È nel cuore di uno di questi quartieri, il "barrio" Brisas de la Santa Cruz, che la regista Marie Dault si è immersa per Chronique de la terre volée, un documentario empatico e molto istruttivo dal punto di vista storico-sociale, vincitore del premio Institut Français - Louis Marcorelles assegnato al miglior film della Selezione francese del recente 42° Festival Cinéma du réel.

"Dobbiamo continuare: non abbiamo scelta. Dove altro stabilirsi? Vivo qui perché non ho un posto dove andare. Siamo tutti nella stessa situazione". Siamo nel 2015, due anni dopo la morte di Chávez, un vero mito nei quartieri popolari di Caracas, e la situazione economica e politica si sta facendo tesa sotto la presidenza del suo successore Nicolás Maduro. Per il migliaio di abitanti del "barrio" Brisas de la Santa Cruz, nato una dozzina di anni prima, è urgente adottare il decreto sulla Ridistribuzione delle Terre Urbane ("in modo che i proprietari non possano mandarci fuori quando i rivoluzionari non saranno più al potere"). Le riunioni locali si susseguono per mettere insieme un dossier conforme da presentare all'Istituto delle Terre Urbane (presso l'incoraggiante Hector) in modo che lo Stato possa negoziare in tribunale con la società ufficialmente in possesso della terra. Bisogna quindi disegnare la mappa di un quartiere caotico (con le sue costruzioni incastrate l'una nell'altra e le sue tortuose scale sul fianco della collina - "il nostro barrio è la Haiti del nord-ovest di Caracas"), ratificare gli statuti, votare le Regole della vita comunitaria e soprattutto raccogliere il massimo delle testimonianze riguardo alla cronaca del luogo (su come gli abitanti sono arrivati ​​lì e tutto ciò che hanno costruito). Un lavoro meticoloso condotto principalmente da un gruppo di donne guidate dall'instancabile Keyla, fervente sostenitrice della rivoluzione. Ma bisogna anche continuare a vivere ogni giorno mentre l'economia del paese crolla, molti fuggono in Colombia, Brasile o Ecuador, e il regime si sta allontanando sempre più dagli ideali del chavismo...

Inserendo nella sua rappresentazione contemporanea alcune storie appassionanti tratte da antiche cronache di quartiere illustrate da immagini d'archivio di Caracas (una città visivamente spettacolare), Marie Dault riesce abilmente a far comprendere le radici profonde della fede rivoluzionaria che ancora anima i "barrios". Un filtro storico (dalla colonizzazione spagnola contro gli indiani Toromaïmas alle rivolte della fame del 1989, passando per l'esodo rurale e l'industrializzazione del paese a seguito della caduta del petrolio a metà del XX secolo) che dà respiro e sfumature alla restituzione empatica (segnata ovviamente da una grande vicinanza ideologica con il suo soggetto) di un microcosmo incarnato dal suo personaggio principale, una donna idealista, energica e simpatica, figura emblematica dell'anima senza tempo del popolo dei "barrios" ("abbiamo reso questa collina un focolaio di resistenza").

Chronique de la terre volée è stato prodotto da Laurent Alary per Tell Me Films ed Eric Jarno per Pays des Miroirs.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy