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SOLETTA 2020

Recensione: Al-Shafaq – When Heaven Divides

di 

- Il nuovo film di Esen Isik è un urlo silenzioso sull’estremismo islamico che sfocia nella così detta guerra santa, che risuona a lungo nelle menti degli spettatori

Recensione: Al-Shafaq – When Heaven Divides

Con Al-Shafaq – When Heaven Divides [+leggi anche:
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, la regista turco svizzera Esen Isik ad indagare la sua terra natale, la Turchia. Tutto ebbe inizio con il suo primo cortometraggio The Stolen Father del 1999 che si è aggiudicato il Premio del cinema svizzero (nella categoria cortometraggi), film che mette in scena un padre catturato dalla polizia segreta turca. Sono invece due adolescenti le protagoniste del suo secondo cortometraggio premiato anche lui al Premio del cinema svizzero 2012 You&Me. Tre anni dopo è invece il suo primo lungometraggio Köpek [+leggi anche:
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a ricevere il premio. Köpek ci trasporta nel cuore di Istanbul, fra la gente marginale che lotta per sopravvivere e imporre la propria individualità in un contesto tutto fuorché tollerante.

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Il suo ultimo film, presentato in prima mondiale alle Giornate di Soletta in lizza per il Prix de Soleure, non fa eccezione. Ancora una volta la regista affronta con coraggio questioni spinose senza aver paura di scavare oltre la superfice, toccando punti che fanno davvero male. Il protagonista della storia è questa volta un’ideologia: l’estremismo islamico che sfocia nella così detta guerra santa. Un’ideologia che si abbatte su un bambino siriano, Malik, che ritrovatosi solo alla frontiera turco-siriana dopo aver perso tutta la sua famiglia in circostanze atroci, parte infine per la Svizzera con uno “zio di sostituzione”. Abdullah, questo è il suo nome, si trovava alla frontiera per seppellire suo figlio partito per combattere una guerra incomprensibile e crudele. L’incontro con il piccolo Malik e la partenza per la Svizzera rappresenta per entrambi la possibilità di ricominciare a sperare.

Attraverso il racconto in parallelo della vita del carnefice (il figlio di Abdullah) e della vittima (Malik), Esen Isik ci mostra a che punto l’indottrinamento, l’impossibilità di confrontarsi con l’altro possono avere delle conseguenze fatali. Come un veleno potente, il ripetersi incessante di un discorso dogmatico che non lascia spazio alla riflessione individuale si espande ben al di là delle frontiere (che non gli reclamano nessun passaporto): dalla Svizzera dove il figlio di Abdullah cresce e viene indottrinato, fino alla Siria dove la famiglia di Malik non ha più il diritto di esprimere la sua fede, passando per la Turchia, dove queste due realtà sembrano convergere. Un territorio incerto e pericolosamente attratto dall’estremismo religioso che si espande sul suo suolo a macchia d’olio.

Ciò che Al-Shafaq – When Heaven Divides emana è un’atmosfera claustrofobica a tratti davvero insopportabile. In Svizzera, così come in Siria e in Turchia sono i divieti a trasformare la vita dei protagonisti in prigione: divieto di discutere con chi si vuole, di riflettere e rimettere in questione la realtà, di rompere le categorie (religiose, sessuali, di genere). Così come gli uccellini di Malik, i protagonisti del film sono letteralmente dietro le sbarre. Una condizione talmente insopportabile che il figlio di Abdullah decide di fare sua trasformandola in dogma. La rabbia che cova nella sua prigione e che non può esprimere si trasforma in vero e proprio odio da rivolgere contro il solo nemico che gli è concesso conoscere.

Un film a tratti difficile da sopportare in silenzio tanta la voglia di gridare (al posto dei protagonisti) è grande. Un urlo silenzioso che risuona però a lungo nelle menti degli spettatori.

Al-Shafaq – When Heaven Divides è prodotto da Brigitte Hofer e Cornelia Seitler della zurighese Maximage Filmproduktion, che si occupa anche delle vendite all’internazionale, insieme alla SRF Schweizer Radio und Fernsehen.

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