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IDFA 2019

Recensione: Sunless Shadows

di 

- Il documentario di Mehrdad Oskouei, ambientato in un centro di detenzione minorile in Iran, ha aperto la 32ma edizione di IDFA

Recensione: Sunless Shadows

Si potrebbe chiamarlo un habitué dell’International Documentary Film Festival Amsterdam (IDFA), dato che la maggior parte dei film del regista e produttore iraniano Mehrdad Oskouei sono stati proiettati al festival. Il suo cortometraggio My Mother's Home, Lagoon, è stato il primo ad essere programmato nel 2000, e ora il suo ultimo lungometraggio documentario, Sunless Shadows [+leggi anche:
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, ha aperto la 32ma edizione della manifestazione. Il film, che è anche in gara nella competizione principale, mostra la vita all'interno di un centro di detenzione minorile in Iran, in cui il regista segue un gruppo di ragazze che sono detenute per aver ucciso un parente maschio. La loro apertura nel parlare delle loro azioni è elettrizzante dall'inizio alla fine.

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Il film contrappone scene spontanee e osservative all’interno della struttura con interviste controllate in cui alle ragazze viene chiesto di parlare con la telecamera come se fosse la loro madre o la loro vittima, che spesso è il padre o il fratello della detenuta. Il filmato viene poi effettivamente mostrato alle loro madri, alcune ugualmente colpevoli di omicidio e in attesa della loro pena di morte. Questo crea un dialogo intensamente personale ed emotivo, in cui emergono i temi forti della disperazione e della mancanza di controllo. Le loro motivazioni per i crimini commessi sono facili da comprendere, poiché le storie degli abusi subiti da queste criminali da parte delle loro vittime sono le peggiori nel loro genere. Tuttavia, le conseguenze sono devastanti in sé. Il film mostra la natura disturbata di alcune di queste relazioni madre-figlia, in cui a volte i ruoli sembrano invertiti: una delle figlie sente di essere la badante di sua madre. In una scena, cattura un piccione, poi lo libera nel cortile, lanciandolo in aria, e possiamo quasi sentire il suo desiderio di quella stessa libertà.

Il contrasto tra quelle testimonianze e le scene più osservative del film è notevole, dal momento che queste ultime portano un'inaspettata spensieratezza. Se non conoscessimo le storie di queste donne, la loro situazione potrebbe facilmente essere scambiata per una sorta di campo estivo femminile. Le vediamo giocare nella loro stanza, sorridenti e ridacchianti. Durante una partita di sciarada, il gruppo deve indovinare il nome di una celebrità americana. "Jennifer Lopez", grida una, "Trump, Trump", grida un’altra, con molta eccitazione. La scena ci lascia momentaneamente dimenticare la loro situazione straziante, ma il sottofondo della loro triste storia rimane. Diventa chiaro che questo è un mondo in cui gli uomini conducono il gioco, e sembra che le ragazze che sono disposte a reagire stiano meglio all'interno della struttura che fuori, perché è lì che i fratelli e gli zii – gli accusatori – si trovano. Sottili inquadrature di guardie armate riflesse in una finestra ci ricordano la loro prigionia. O potrebbe essere una sorta di protezione, in un certo senso? Il loro rapporto con gli uomini è un tema forte per le ragazze stesse, e il film mostra discussioni infuocate all’interno del gruppo. Discutono su come un uomo dovrebbe comportarsi nei confronti di una donna, e vengono esposti i punti di vista distorti che hanno acquisito, così come il loro trauma. Dato che il regista stesso è un uomo, la quantità di fiducia che gli hanno dato è semplicemente ammirevole, e dà vita a un ritratto emozionante e commovente.

Sunless Shadows è prodotto da Oskouei Films (Iran) e Indie Film (Norvegia). Le vendite mondiali sono gestite da DreamLab Films.

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(Tradotto dall'inglese)

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