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FILM / RECENSIONI Italia

Recensione: Tutto il mio folle amore

di 

- Gabriele Salvatores non teme di toccare il cuore del pubblico con il viaggio di un padre assieme al figlio autistico, con qualche cliché e una regia di alto livello

Recensione: Tutto il mio folle amore
Giulio Pranno in Tutto il mio folle amore

“Io sono strano, tu sei strano. Dove andiamo?!” urla Willi (Claudio Santamaria) al figlio sedicenne Vincent (Giulio Pranno) mentre sono in fuga su un furgone in Tutto il mio folle amore [+leggi anche:
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scheda film
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- presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia 2019 - film con cui Gabriele Salvatores è tornato “on the road again”, con i suoi paesaggi visceralmente emozionali.

Cantante di matrimoni squattrinato e ad alto tasso alcolico in perenne tournée nel Nord Est (lo chiamano il “Modugno dei Balcani”) Willi ha tagliato la corda prima che Vincent nascesse e mostrasse i primi segni di autismo. La mamma Elena (Valeria Golino, che ha interpretato nel 1988 il film più famoso sull’autismo, Rain Man di Barry Levinson) lo ha allevato, con tutte le difficoltà del caso, in una gabbia dorata fatta di una casa di lusso nei dintorni di Trieste e ippoterapia, aiutata dal compagno Mario (Diego Abatantuono), facoltoso editore di romanzi e poesie. Folgorato sulla strada della celebre ballad “Vincent” di Don Mc Lean, Willi irrompe in casa di Elena per sapere del figlio. Quando riparte, si accorge che l’inarrestabile Vincent si è nascosto nel suo pick up. Il musicista si è impegnato in una serie di date in Croazia e inizia così un viaggio fisico e sentimentale, di avvicinamento padre-figlio, di riscoperta di se stessi e dell’altro. Un viaggio attraverso territori deserti e spesso colorati dell’ex Jugoslavia, punteggiato da episodi bizzarri e spassosi, conditi con alcol e sesso iniziatico. Il bravo Santamaria duetta in perfetta sintonia con l’esordiente dalla faccia d’angelo Giulio Pranno, impegnato in una performance straordinaria fatta di stranezze ed eccessi, mentre la famiglia naturale parte alla ricerca del ragazzo “rapito”.

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Scritto da Umberto Contarello e Sara Mosetti con il regista, il film è una trasposizione libera del romanzo di Fulvio Ervas “Se ti abbraccio non aver paura”, racconto autobiografico di una padre che dopo aver inseguito terapie tradizionali, sperimentali e spirituali, parte con il figlio autistico per un viaggio in moto, attraversando l’America e perdendosi nelle foreste del Guatemala. Tutto il mio folle amore sarebbe facilmente attaccabile per come è trattato superficialmente il disturbo dello spettro autistico. Anche se all’inizio del film si intuisce il disagio familiare con una scena piuttosto esplicita, si può obiettare che il dramma vissuto dai genitori di giovani affetti da questo disturbo e le difficoltà che incontrano nella società non sono raccontate. Ma Salvatores sembra aver scelto piuttosto il lato solare di questo adolescente diverso, per esprimere la relazione tra “follia” e purezza, autenticità e creatività (non a caso, la canzone “Vincent” di Mc Lean è stata ispirata dal tormento di Van Gogh). Il film mette in scena la gioia di vivere nonostante tutto, senza timore di toccare il cuore del pubblico con qualche cliché ma con una confezione visiva di altissimo livello (la fotografia è di Italo Petriccione).

Tutto il mio folle amore è prodotto da Indiana Production con Rai Cinema ed EDI Effetti Digitali Italiani, in collaborazione con Friuli Venezia Giulia Film Commission, in associazione con Unipol Banca S.p.A. Le vendite internazionali sono affidate a Rai Com. Il film sarà nelle sale italiane dal 24 ottobre con 01.

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