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ZURIGO 2019

Recensione: Volunteer

di 

- Il film realizzato da Anna Thommen e Lorenz Nufer rispolvera la tradizione umanitaria della Svizzera sollevando domande a volte anche scomode

Recensione: Volunteer

Scritto e realizzato a quattro mani dai registi svizzeri Anna Thommen e Lorenz Nufer e presentato in prima mondiale allo Zurich Film Festival (nella sezione Proiettori su Svizzera, Germania, Austria), Volunteer [+leggi anche:
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segue cinque personaggi molto diversi che si sono però tutti confrontati con la stessa realtà: quella dei numerosi migranti che sbarcano incessantemente sulle coste mediterranee.

Se il tema non è di certo nuovo (pensiamo solo ai più famosi Fuocoammare [+leggi anche:
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di Markus Imhoof), è il punto di vista: l’esperienza del volontariato vissuta dai cinque protagonisti del film, che lo rende particolarmente interessante. Già precedentemente scrutato sotto varie angolazioni: quella dei migranti stessi, ma anche quella dei soccorritori e degli abitanti delle coste mediterranee, il tema della migrazione non è però mai stato affrontato dando la parola ai numerosi volontari che si sono impegnati ad aiutare senza chiedere nulla in cambio. Quali sono le conseguenze di una tale esperienza? In che modo il vivere direttamente e volontariamente la tragedia può cambiarci? Queste sono le domande attorno alle quali gravita il nuovo documentario di Anna Thommen, realizzato insieme a Lorenz Nufer.

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Attraverso le testimonianze dirette di un gruppo eterogeneo di svizzeri partiti come volontari sulle coste mediterranee (in particolare in Grecia, sull’isola di Lesbos): una coppia di agricoltori, un ex comandante dell’esercito confederato, una senior benestante e un famoso attore e animatore (Michael Räber), i registi cercano di ricostruirne l’esperienza vissuta dai protagonisti mettendo in avanti le conseguenze che questa ha avuto e continua ad avere sulle loro vite una volta ritornati in patria.

Volunteer si basa tanto sulle testimonianze dirette dei suoi protagonisti che si esprimono senza pudori davanti alla cinepresa, quanto sul materiale che hanno raccolto (immagini girate con i cellulari, fotografie, piccoli video ready made) mentre erano in “missione”. Due prospettive interessanti che mettono a confronto l’istantaneità del momento presente con un discorso più lungamente riflettuto. Se da un lato è indubbiamente l’emozione e, un sottile e costante senso d’indignazione, che accompagna ormai tutti coloro che hanno sperimentato sulla loro pelle il dolore di chi è stato strappato dalla sua terra, nel film affiorano anche reazioni meno prevedibili e confessabili (un sottile bisogno di protagonismo e d’onnipotenza). Sono proprio queste ultime a darci le informazioni più interessanti su quello che la tradizione umanista (della Svizzera ma non solo) è diventata in un mondo 2.0.

Se nessuno mette in discussione le conseguenze di una tale esperienza, è comunque impossibile non indignarsi (o per lo meno interrogarsi) di fronte all’abisso che separa la vita dei cinque protagonisti, e più in particolare della signora più anziana che osserva la vita dalla sua villa sul lago, e le tendopoli che accolgono i migranti sbarcati in Grecia. Sebbene lei sia la prima a vergognarsene, la realtà rimane quella che è: ingiusta. Cos’è in definitiva che l’ha davvero spinta verso Lesbos se non un profondo e terapeutico bisogno d’espiare la colpa d’essere nata nel posto giusto? Domande scomode che toccano molti di noi e che affiorano nel film in modo sottile ma preciso senza però mai trasformarsi veramente in morale.

Volunteer è prodotto e venduto all’internazionale da Sulaco Film.

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