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VENEZIA 2019 Orizzonti

Recensione: Pelican Blood

di 

- VENEZIA 2019: Il film d'apertura della sezione Orizzonti, diretto da Katrin Gebbe, purtroppo cade prima dell'ultimo ostacolo

Recensione: Pelican Blood
Nina Hoss e Katerina Lipovska in Pelican Blood

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ha parecchi elementi che assomigliano ai romanzi di Cormac McCarthy: addestratori di cavalli, drammi psicologici e un mondo traumatico. Ambientato in Germania, il secondo film di Katrin Gebbe vanta un’altra grande interpretazione di Nina Hoss nel ruolo di Wiebke, una madre quarantenne single che adotta il secondo figlio. Di lavoro Wiebke addestra cavalli usati dalla polizia in situazioni di disordine sociale. Uno dei cavalli, Top Gun, è particolarmente problematico, ma Wiebke crede di essere abbastanza tosta da addestrare l’animale. La regista tenta di togliere il fiato con questo film sulla maternità  nella serata d’apertura della sezione Orizzonti alla Biennale Cinema di Venezia.

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I segnali d’allarme che ci sarebbe stato del sangue si manifestano quando Wiebke va a prendere una bambina di cinque anni, Raya, in un centro d’adozioni bulgaro. La bimba guarda il dipinto di un pellicano che adorna il muro. Wiebke viene informata che l’opera d’arte rappresenta l’immagine cristiana della madre pellicano che nutre la prole morte con il proprio sangue, riportandola in vita. Addirittura più premonitore sarebbe stato il quadro di una scena eccessivamente didascalica contenente un’immagine di Linda Blair del film L’Esorcista. Questo film conta tante descrizioni intese a convincere il pubblico della credibilità di questa storia piuttosto incredibile, come nel caso della frase “Le donne single che lavorano possono adottare figli in Germania”.

Raya inizia a creare scompiglio, spaventando la nuova sorella maggiore e le compagne di scuola. La tematica dei bambini con problemi psicologici, e se possano essere “salvati”, sta diventando sempre più diffusa nel cinema. All’inizio di quest’anno, il film dal tema analogo System Crasher [+leggi anche:
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è stato acclamato al Festival del cinema di Berlino e nominato all’Oscar nella sezione in lingua straniera/tedesca. Ci sono anche tracce dell’adattamento cinematografico di Lynne Ramsay del libro di Lionel Shriver …e ora parliamo di Kevin [+leggi anche:
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. Ciò in cui il film riesce meglio è mostrare fino a che punto si spingerà Wiebke prima di ammettere la sconfitta.

Lo vediamo mentre è a lavoro con i suoi cavalli e nel modo in cui gestisce Raya. Così come con i suoi amici a quattro zampe, prova varie tecniche: l’affetto, le cure, l’interazione fisica e a volte la voce autoritaria. All’orizzonte c’è una figura paterna nelle vesti dell’ufficiale di polizia Benedikt (Murathan Muslu) che nasconde intenzioni romantiche, anche se questo lato della storia è abbastanza superfluo.

Alcune scene tra madre e figlia sono intense, ma le richieste per il ruolo di Raya sono eccessivamente alte per un’attrice così piccola. Le connessioni neurologiche della bambina non le concedono di provare paura o empatia, come rivela a Wiebke un pediatra la cui specializzazione sembra essere la capacità espositiva.

Mentre l’interpretazione della Hoss resta sempre eccellente, lo stesso non si può dire della trama. Il tono del film colpisce l’ostacolo quando Wiebke assume un guaritore e uno stregone per provare a curare Raya. È una mossa che sposta l’azione verso un territorio gotico-americano. La battaglia spirituale contro la scienza sembra quasi un’introduzione tardiva alla storia, e ciò significa che questo film di cavalli fallisce nel restare sulla traiettoria cinematografica.

Pelican Blood è stato prodotto dalla società tedesca Junafilm UG in coproduzione con il gruppo bulgaro Miramar Film. Le vendite internazionali sono gestite da Films Boutique.

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(Tradotto dall'inglese)

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