email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

LOCARNO 2019 Cineasti del presente

Recensione: Overseas

di 

- Yoon Sung-a dipinge una migrazione economica femminile invisibile, quella delle giovani donne filippine che vanno a lavorare all'estero per ricchi stranieri per poter sfamare le proprie famiglie

Recensione: Overseas

Yoon Sung-a è nota per il suo corto And I’ll Keep in My Heart, selezionato al Cinéfondation di Cannes nel 2008. Overseas [+leggi anche:
trailer
intervista: Yoon Sung-A
scheda film
]
è il suo secondo lungometraggio documentario, dopo Full of Missing Links, uscito nel 2012. Il film è selezionato quest’anno al Locarno Film Festival nella sezione Cineasti del presente. Al suo interno la regista accenna al destino poco conosciuto delle lavoratrici filippine d’oltreoceano, giovani e meno giovani donne che scelgono di andare all’estero, a volte senza fare ritorno al proprio Paese o senza rivedere la famiglia per anni, per sfamare i propri cari. Donne che sono soprannominate dal presidente filippino Duterte “eroine della nostra nazione”.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Non è senza ironia che queste giovani donne, al centro del film di Yoon Sung-a, si sorprendono di sentire che, abbandonando la famiglia, diventano eroine come i soldati che difendono il Paese. Sono molto consapevoli del fatto che la servitù che abbracciano in Paesi molto più ricchi del proprio permette loro di sfamare la nazione attraverso la moneta forte, nonché del fatto di rappresentare una forza economica di rilevanza.

Eroine agli occhi della nazione, sono anche le eroine di un modo comico di vita domestica, in cui i lavoratori sono esportati come merce. I filippini mantengono un’industria a pieno regime di domestiche, dipendenti efficienti e docili motivate dall’obiettivo di fare all’estero il doppio, se non addirittura il triplo, di ciò che potrebbero sperare di fare nel proprio Paese.

Overseas ci porta, nello spazio di alcuni giorni, al cuore del centro di formazione specializzata, una specie di stanza d’attesa per l’esilio, l’anticamera della partenza e dello strazio famigliare che le attende. Lì, le giovani donne imparano l’arte di servire all’interno dei confini di una casa di prova. Imparano come apparecchiare la tavola, come prendersi cura dei bambini, come parlare ai datori di lavoro che vivono in casa. Ma imparano anche – forse più di tutto – come affrontare l’eventuale bullismo, i rimproveri, le aggressioni e altri tipi di abuso che potrebbe interessarle.

È esattamente questa fase di apprendimento e preparazione all’interno del centro di formazione che dà al film una dimensione così particolare: attraverso i giochi di ruolo, le studentesse interpretano alternativamente il capo e la domestica. Tra le giovani donne, alcune hanno già vissuto all’estero, e vederle ripetere piccole scene del loro quotidiano a Dubai, in Oman oppure Hong Kong ci permette di vederle anche in una posizione dominante, e di intravedere la realtà di vita oltreoceano.

Contrariamente a quanto è suggerito dalla visione di centinaia di documenti impilati nei corridoi dell’amministrazione, ognuno identificato solo dalla data e dal luogo, le eroine di Overseas non sono mai ridotte al loro stato di schiave moderne. Lungi dall’essere le vittime passive che il loro lavoro potrebbe suggerire, sono attrici della propria vita (perciò il potere di quelle rievocazioni preparatorie), padrone del proprio futuro. Poiché ognuna di loro ha speranze, prima ancora del desiderio di sfamare la famiglia. Una di loro sogna di diventare architetto, un’altra desidera aprire un ristorante di pasta.

Questa tensione paradossale tra la gentilezza delle insegnanti e i contenuti dei loro insegnamenti (insegnare a sopportare violenza e abusi), tra il qui (le proprie case e famiglie) e l’altrove (che rende la vita a casa possibile), la forza vitale di queste giovani donne e la loro immensa vulnerabilità nelle case in cui sono spedite come merce, è ciò che conferisce potere al documentario – praticamente un pezzo da camera – ambientato al centro dell’industria mondiale di domestiche.

Overseas è prodotto dalla società belga Iota Production e dalla francese Les Films de l'Oeil Sauvage, e coprodotto dalla società belga Clin d'oeil Films. Il film è venduto all’estero da CAT&Docs.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese da Gilda Dina)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy