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LOCARNO 2019 Cineasti del presente

Recensione: Love Me Tender

di 

- Il film di Klaudia Reynicke dipinge con coraggio e una rigenerante dose di humor un’antieroina alle prese con le proprie paure

Recensione: Love Me Tender
Barbara Giordano in Love Me Tender

Tre anni dopo Il nido [+leggi anche:
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, la regista svizzero peruviana Klaudia Reynicke torna al Locarno Film Festival (in competizione nella sezione Cineasti del presente) con Love Me Tender [+leggi anche:
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, un film inclassificabile che abbatte come un tornado i cliché legati ad una presunta, innata femminilità. Il secondo lungometraggio di Klaudia Reynicke si gusta come un ghiacciolo al limone, al contempo rinfrescante e acidulato, regressivo e sovversivo nella sua finta semplicità.

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Seconda, la protagonista del film, soffre di agorafobia ed è quindi incapace di uscire di casa. Vivendo ancora con i suoi genitori i suoi bisogni primari sono comunque soddisfatti ma dopo la morte improvvisa della madre e la fuga del padre, Seconda deve prendere in mano la sua vita. Spinta dalla necessità e forse anche dalla disperazione, la nostra antieroina in tutina blu riesce a lasciare la casa famigliare ma le sfide della vita non tardano ad acciuffarla. Seconda deve spingersi oltre le sue paure, abbattendo le barriere che la separano dal mondo. Questo non significa però per lei conformarsi, sottomettendosi ad una società dove essere “donna” equivale a rincorrere un’asettica perfezione. Al contrario Klaudia Reynicke mostra la sua protagonista in tutta la sua spesso banale umanità: mentre si passa il filo interdentale, è sul gabinetto, si mette le dita nel naso o mangia ingordamente una passata di pomodoro in scatola. La regista vuole mostrarci l’umanità che si nasconde dietro l’etichetta di genere. Poco importa essere catalogato come uomo o donna, in fondo dentro di noi siamo tutti umani, imperfetti e maestosamente complessi.

Ritmato e sostenuto dall’onnipresenza della sua attrice principale (potente Barbara Giordano), Love Me Tender può essere considerato come un decalogo della perfetta antieroina moderna: imprevedibile, libera e cosciente delle proprie ossessioni che usa come armi contro il conformismo. La presunta fragilità di Seconda si trasforma attraverso lo sguardo di Reynicke in unicità, in arma contro un patriarcato che si (auto)definisce come giudice supremo di una “normalità” per molti versi soffocante.

Seconda decide di accettarsi in tutta la sua imperfetta unicità, di affrontare il mondo non più come un “outsider” ma come un’amazzone in tutina blu. Poco sappiamo del suo passato ma questo non priva la protagonista della sua potenza. Seconda parla di sé attraverso il corpo più che la parola, linguaggio più diretto e arcaico che non tollera menzogne. I momenti coreografici improbabili durante i quali Seconda si dimena a ritmo di canzoni pop si insinuano nella narrazione come dei sogni ad occhi aperti. Il corpo reale e umano di Seconda, le sue danze spontanee e a tratti ingenue regalano alla storia una dose rigenerante d’astrazione e onirismo. Nel film di Klaudia Reynicke reale e surreale duettano su di un filo invisibile senza mai perdere l’equilibrio.

Love Me Tender è anche un film sulla follia non più vista come una prigione dalla quale fuggire ma come motore di ribellione rispetto a una società che ci vorrebbe diligentemente docili. Esteticamente potente (stupenda la fotografia di Diego Romero Suarez Llanos, collaboratore di Roberto Minervini) Love Me Tender ci spinge a guardarci dentro, confrontandoci con la nostra propria (a)normalità e questo è già di per sé è un gran traguardo.

Love Me Tender è prodotto dalla ticinese Amka Films e venduto all’internazionale da Summerside International.

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