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PULA 2019

Recensione: The Diary of Diana B.

di 

- Dana Budisavljević racconta l'emozionante storia di un'eroina umanitaria dimenticata della Seconda guerra mondiale in un film ibrido di docu-fiction

Recensione: The Diary of Diana B.
Alma Prica in The Diary of Diana B.

La vita e l'opera dell'eroina umanitaria croato-austriaca Diana Budisavljević, che ha salvato oltre 10.000 bambini dai campi di concentramento di Ustasha durante la Seconda guerra mondiale, è stato ed è tuttora uno dei segreti meglio custoditi in Croazia. Le sue azioni in tempo di guerra sono al centro del primo lungometraggio di Dana Budisavljević (nonostante i loro nomi simili, le due donne non sono imparentate), l'ibrida docu-fiction The Diary of Diana B. [+leggi anche:
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. Il film è stato presentato in anteprima mondiale in concorso al Pula Film Festival e ha ottenuto quattro Golden Arenas (leggi la news).

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Il suo argomento pesante e lo stile unico lo rendono un po' difficile per una distribuzione più ampia. Tuttavia, il film dovrebbe godere di una buona esposizione nei festival e di un'uscita cinematografica nella regione della ex Jugoslavia.

Budisavljević apre il film con una citazione dal diario originale in cui Diana sintetizza il suo impegno, affermando che poteva sopportare quelle difficoltà solo perché la mole di lavoro che doveva affrontare non le lasciava il tempo di pensarci. Il primo senso di tale difficoltà è fornito nella prima scena del film che combina la narrazione fuori campo di un uomo, ora sui 70 o 80 anni, che spiega di non avere ricordi della sua prima infanzia, dei suoi genitori o del suo luogo di nascita, con una lunga inquadratura meditativa di una semplice barca che scivola lungo un fiume nella nebbia, girata in formato 16:9 e in sfumature di grigio.

Da lì, torniamo indietro nel tempo al 1943, dove vediamo Diana, interpretata dalla versatile attrice croata Alma Prica, che lavora al suo archivio in una ricostruzione drammatica in cui la fotografia in bianco e nero appare più nitida. Da quel momento in poi, The Diary… salta avanti e indietro nel tempo, usando una varietà di tecniche per presentare la battaglia di Diana, in primo luogo per prestare aiuto alle donne di fede ortodossa (e di origine serba) bandite nello stato indipendente croato sostenuto dai nazisti, che furono internate nei campi, e poi per salvare i bambini dai campi di sterminio di Jasenovac e Stara Gradiška.

Le sobrie ricostruzioni drammatiche sono realizzate in modo efficace, in parte grazie all'utilizzo di luoghi e oggetti autentici. Presentano una serie di attori e attrici riconoscibili provenienti da tutta la ex Jugoslavia, come Igor Samobor (noto per Class Enemy [+leggi anche:
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) che interpreta il chirurgo ortodosso-serbo un po' ingenuo marito di Diana, Julije; Mirjana Karanović (Grbavica [+leggi anche:
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, A Good Wife [+leggi anche:
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) nel ruolo della loro parente Mira; Ermin Bravo (In the Land of Blood and Honey, Men Don't Cry [+leggi anche:
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) nei panni dell'empatico ufficiale del governo Breslar; e l'attore teatrale Livio Badurina nei panni del controverso arcivescovo Alojzije Stepinac. Ma l'impatto emotivo che rende The Diary of Diana B. un pezzo di cinema straordinariamente forte deriva dalle sue parti documentarie, accompagnate dalla colonna sonora melanconica e contemplativa di Alen e Nenad Sinkauz (The High Sun [+leggi anche:
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): i filmati d'archivio delle visite di Diana ai campi e i momenti politici chiave dell'epoca, la narrazione dal diario e le testimonianze dei sopravvissuti, i bambini dell'epoca ora anziani (Živko Zelenbrz, Zorka Janjanin, Milorad Jandrić e Nada Vlaisavljević), che appaiono anche sullo schermo e sono filmati in maniera evocativa da Jasenko Rasol.

Scritto da Dana Budisavljević e Jelena Paljan, basato sul diario originale, il film è una coproduzione croato-serbo-slovena guidata da Hulahop, December e This&That Production, con il supporto del Croatian Audio-Visual Centre (HAVC), Eurimages, il programma MEDIA, lo Slovenian Film Centre (SFC), il Film Centre of Serbia (FCS) e il ministero della Cultura della Serbia. Il film non ha ancora un venditore.

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(Tradotto dall'inglese)

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