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FIDMARSEILLE 2019

Recensione: Le Bel Été

di 

- Pierre Creton tesse delicatamente e come un funambolo un film di finzione gentile, dall'aspetto documentaristico, nel cuore di una piccola comunità di circostanza

Recensione: Le Bel Été

"L'evidenza di una vita quotidiana guidata dal desiderio e dalla semplicità delle nostre storie che rimbalzano l'una sull'altra senza rompersi". Con Le Bel Été [+leggi anche:
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, presentato in anteprima mondiale nella competizione francese del 30° FIDMarseille, Pierre Creton continua a scavare il suo solco molto personale (segnato fra l'altro da Secteur 545, Maniquerville [+leggi anche:
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) nel cinema francese. Modellando storie totalmente immerse nella realtà partendo dalla sua casa nel cuore di Caux, in Normandia, il regista traccia questa volta con piccoli tocchi leggeri il quadro di un'esperienza estiva condivisa toccando il tema dei migranti, in particolare dei giovani minorenni emarginati. Ma partendo dalla constatazione che questa situazione è già stata sfruttata mille volte da televisione, interviste e documentari, il regista si chiede "cosa è giusto, cosa giustifica il film", questo film che "si basa su un rapporto impossibile, un confinamento condiviso, quello degli esuli tenuti per mesi nella giungla di Calais, e quello nostro, oggi, di fronte a questo evento che è come un confine per il pensiero".

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In effetti, Pierre Creton sceglie di prendere strade secondarie e di raccontare in piccoli frammenti apparentemente sconnessi la vita estiva comune di sette personaggi: la coppia Robert-Simon, la loro amica Sophie e l'adolescente Flora e i tre migranti che loro ospitano: Nessim, Ahmed e Mohammed. Giornate trascorse sotto il sole, in una campagna pura e appartata, che si nutre della raccolta di frutta e verdura, del lavoro negli alveari, di preparativi di piatti in cucina, di lezioni di lettura (da Virginia Woolf a Jean Genet), di nuotate all'ombra delle scogliere, di serate durante le quali affiorano le ferite e la sete di amore degli adulti mentre la gioventù più spensierata gioca a pallone o sogna un futuro, di aprire un ristorante a Conakry.

Come sottolineano due personaggi: "È una situazione un po' strana, non trovi? – Sì, ma non è un grosso problema". Animato puntualmente da passaggi musicali composti da Les Limiñanas che rendono i nostri protagonisti quasi eroi da western, il film fluttua nel benessere estivo senza mai cercare di dimostrare, spiegare, approfondire, ma lasciando fluire le sequenze di vita (Ahmed fa tirocinio la sera in un ristorante di Vattetot, Robert scolpisce degli ex-voto, Simon percorre le strade forestali in motorino – con un'apparizione di Mathieu Amalric in veste di meccanico – Sophie fa da narratrice del film, ecc.) fino a quando non finiscono per formare un insieme composito. Si scalano gli alberi, un asino fa capolino dalla finestra, si danza, si canta La passacaglia della vita, si fa una torta di mele che il cane corre a leccare, ci si distende sulla riva di ciottoli nel movimento perpetuo delle onde: è estate e aleggia il profumo di un microcosmo dove c'è armonia, a due passi da un vasto mondo dove una riunione di volontari ricorda quanto la situazione dei migranti minorenni isolati sia fragile. Una parentesi o un abbozzo di un mondo ideale in forma di falansterio che Pierre Creton filma con grande sobrietà (alcune scene sublimi mostrano tuttavia quanto il suo senso dell’inquadratura e della profondità di campo sia ben definito).

Interpretato da Gaston Ouedraogo, Sophie Lebel, Yves Édouard, Sébastien Frère, Mohamed Samoura, Amed Kromah, Wally Toure e Pauline Haudepin, Le Bel Été è prodotto da Arnaud Dommerc per Andolfi. JHR Films, che distribuirà il film in Francia il 19 novembre prossimo, gestisce anche le vendite internazionali.

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(Tradotto dal francese)

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