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KARLOVY VARY 2019 East of the West

Recensione: Zizotek

di 

- Il secondo lungometraggio del greco Vardis Marinakis procede verso la creazione di un rifugio sentimentale studiando le relazioni tra persone precedentemente prive d'amore

Recensione: Zizotek
August Lambrou-Negrepontis in Zizotek

Il titolo del secondo film del regista greco Vardis Marinakis, Zizotek [+leggi anche:
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, non è il nome di un personaggio, né di un luogo. “Zizotek” è semplicemente una parola chiave utilizzata da uno dei due personaggi principali nel suo traffico illegale di rifugiati. Ossia, un concetto utilizzato per riferirsi a una relazione tra persone slegate fra loro che la provvidenza pone nello stesso luogo e nello stesso tempo, a una certa protezione tra estranei. È in questo terreno che si svolge il film in questione, presentato nella sezione East of the West del 54° Festival di Karlovy Vary, ben nove anni dopo che il cineasta si era fatto conoscere in questa stessa competizione con il suo potente e lirico Black Field [+leggi anche:
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Quel potere e quel lirismo sono presenti in una certa misura nella storia raccontata in Zizotek. Un brillante bambino di nove anni, Jason (August Lambrou-Negrepontis) vive con sua madre (Penelope Tsilika), apparentemente depressa, in una città greca. Senza essere molto chiari i motivi che la portano a prendere questa decisione, un giorno, durante una visita a una pittoresca festa popolare in una zona rurale vicina, la madre abbandona suo figlio. Dopo aver scattato alcune foto insieme da lasciare al figlio come ricordo, ed essersi inginocchiata davanti a un'immagine religiosa della festa per affidarsi a lei, la madre ritorna in città, lasciando il bambino in mezzo alla natura, completamente solo.

Nel suo vagare attraverso i boschi, Jason si imbatte in una roulotte, e scopre che appartiene a un eremita silenzioso (Dimitris Xanthopoulos) che comunica attraverso un taccuino. Minas, così si chiama, conduce una vita oscura e non adatta a un bambino; con l'aiuto di un poliziotto corrotto, partecipa alle operazioni di trasporto di rifugiati e migranti illegali. Ma, anche dopo essere tornato per un breve periodo in città per vivere con sua nonna, il piccolo Jason preferisce stare con Minas invece di tornare alla sua vita precedente, dopo il dolore che gli ha procurato l'abbandono di sua madre, che più avanti nel film vediamo lavorare in un bordello frequentato da Minas. Il suo nuovo rifugio si trova nello stesso posto in cui è stato abbandonato.

Il film di Marinakis si immerge così in queste nuove relazioni tra persone precedentemente prive di amore. La madre di Minas, che vive in una casa di cura cui l'uomo fa visita ogni tanto, gli spiega che "la felicità è la cosa più facile da ottenere". E questa sensazione di calore è ciò che fa da bussola per i movimenti dei personaggi, che pur non essendo ritratti e narrati alla perfezione, portano lo spettatore lungo un percorso che finisce per arrivare a un gradevole rifugio sentimentale. Immerso nella natura (che forse necessitava di una presenza più forte rispetto a quella ritratta dalla fotografia di Christina Moumouri), Marinakis torna a cercare la dimensione mistica che c’era nel suo film precedente – anche se questa volta sembra rimanerne un po’ lontano – nella quale esplorare la tenerezza delle relazioni umane, che sia tra familiari, tra estranei o, addirittura, come si vede in una scena finale potente e allegorica, tra uomini e animali. Le idee di Zizotek sono lodevoli, anche se forse avrebbero avuto bisogno di un po’ più di lavoro sulla storia che le sviluppa per arrivare a segnare lo spettatore.

Zizotek è una produzione delle greche StudioBauhaus, 2/35 e Ixor VFX, e non ha ancora un agente di vendita.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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