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KARLOVY VARY 2019 East of the West

Recensione: Passed by Censor

di 

- È tempo di risolvere misteri nel primo lungometraggio del regista turco Serhat Karaaslan

Recensione: Passed by Censor
Berkay Ates in Passed by Censor

Anche se la camera particolarmente agitata e i toni grigiastri di Passed by Censor [+leggi anche:
trailer
intervista: Serhat Karaaslan
scheda film
]
di Serhat Karaaslan, mostrato nella sezione East of the West al Karlovy Vary International Film Festival, sembra suggerire che siamo in un territorio desolato ben noto, il realismo sociale presto lascia il posto al dramma quando, proprio all'inizio del film, il nuovo censore carcerario Zakir (Berkay Ates) fa praticamente tutto ciò da cui era stato messo in guardia. Invece di limitarsi a "oscurare le parti discutibili" delle lettere scritte dai detenuti del carcere, si immischia rapidamente nella vita di una coppia infelice che vede ogni settimana – e che sospetta gli nasconda un segreto che sta a lui scoprire. Zakir intraprende un'indagine che prende praticamente il sopravvento su tutta la sua vita; non che avesse così tanto da fare prima.

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Occhi da cerbiatto, con un'espressione di perenne confusione sul suo viso, Zakir è abbastanza credibile come nuovo membro di una miriade di sedicenti investigatori, che accetta facilmente nuove reclute su Twitter dopo ogni episodio di qualsiasi docufiction che tratti di un crimine vero. Aspirante scrittore nel suo tempo libero, ha curiosità da vendere e il suo nuovo lavoro in carcere inizia a nutrirsi proprio di questo, richiedendogli di cercare codici e messaggi segreti nascosti tra paragrafi inutili e descrizioni fumose. Ma è l’incontro con una donna ossessionata dalle storie poliziesche che lo spinge a fare un passo avanti, poi due, e presto, osservare solo non basta più. Un nuovo hobby lo porta fuori dalla prigione e su un autobus, sulle orme di un'attraente donna che ritiene venga gravemente maltrattata dal suo suocero possessivo.

Ma prima che tutto inizi a sembrare un po’ troppo eccitante, la vita vera prende il sopravvento, e tutti i tropi sexy delle crime story (le belle donne in pericolo e i bravi ragazzi traviati) vengono abbandonati. Sebbene l'immaginazione di Zakir corra sempre sfrenata, essa lo riconduce inevitabilmente all'appartamento dove la sua loquace madre gli dà da mangiare il cavolo. Anche se Agatha Christie viene citata piuttosto presto nel film affinché il pubblico colga il punto di Karaaslan – fin troppo bene, verrebbe da aggiungere – questi misteri potrebbero essere solo la reazione di Zakir alla noia, o ai suoi colleghi ignoranti che dicono "GPL" invece di LGBTQ e non riescono a capire che cosa significhi "congiuntura", così da oscurare intere parti delle lettere dei detenuti "nel caso in cui".

Sin dagli sproloqui alcolici di Raymond Chandler, sappiamo che non è tanto la destinazione che conta, quanto la strada che conduce ad essa. Anche in una prigione turca, sembra. Ma troppo qui è spiegato a voce troppo alta, e nemmeno oscurarne qualche parte aiuterebbe: è probabile che sotto l'inchiostro si vedrebbe ancora tutto.

Scritto e diretto da Serhat Karaaslan, il film è prodotto da Serkan Cakarer, Undine Filter, Thomas Král, Judith Nora e Priscilla Bertin per +90 Film Production, coprodotto da Departures Film e Silex Films. Le vendite sono gestite da Bac Films.

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(Tradotto dall'inglese)

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