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MONACO 2019

Recensione: Golden Twenties

di 

- Nel suo primo lungometraggio, presentato in anteprima mondiale a Monaco, la regista tedesca Sophie Kluge stravolge l'età più bella della vita

Recensione: Golden Twenties
Henriette Confurius in Golden Twenties

Dopo essersi fatta le ossa ricoprendo vari ruoli sui set e aver realizzato diversi cortometraggi, i primi quattro autoprodotti, la monachese Sophie Kluge ha presentato il suo primo lungometraggio, Golden Twenties [+leggi anche:
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, in anteprima mondiale al 37° Festival di Monaco (27 giugno-6 luglio), nella sezione New German Cinema.

Se il titolo del film potrebbe far pensare di aver a che fare con una descrizione esaltata del periodo d'oro e spesso ribelle in cui la prima giovinezza e l'età adulta si incontrano e dove il mondo è ai tuoi piedi, in realtà è tristemente ironico, perché qui la regista (e sceneggiatrice) presenta dei vent’anni tutte le ombre: incertezze sul futuro, confusione riguardo a identità e posto che occupiamo nel mondo, difficoltà dell’essere presi in considerazione...

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All’inizio del film, il personaggio principale, Ava (Henriette Confurius), che non lasciamo mai, torna a vivere con sua madre dopo gli studi, in attesa di sapere quale sarà la continuazione del suo percorso, cioè trovare un lavoro, e vede  che sua madre si è già organizzata un'altra vita senza di lei: la sua stanza d'infanzia funge da ripostiglio/palestra, il fidanzato della madre è sempre lì... Il fatto che non sia più la benvenuta in queste mura trova persino la sua espressione letterale in una scena in cui è davanti alla porta e non può entrare. L'impressione di essere un’intrusa si estende al teatro dove Ava ottiene uno stage di osservazione, in cui è al tempo stesso guidata e costantemente rimessa al suo posto (anche se non si sa bene quale sia) dalla sua responsabile.

Quest'ultima probabilmente non apprezza il piccolo flirt che sta nascendo tra Ava e l'attore Jonas (Max Krause), nel contesto delle prove per una produzione in cui nessuno si sente a suo agio, perché il regista è tirannico e poco chiaro riguardo alle sue intenzioni (un aspetto della sceneggiatura che forse rimanda alla condizione dell'artista, anch’essa spesso sfocata e scomoda), dal momento che vuole una recitazione "neutra". È la stessa neutralità che sceglie per sé Ava, se la si può considerare una scelta, perché è più un'attesa, un'attitudine di osservazione senza un impegno definito: in tutto il film, questa giovane donna un po' insipida, di aspetto banale, senza originalità, rimane piuttosto silenziosa e docile.

Si rimarrebbe quasi delusi o addirittura infastiditi dalla passività del personaggio e dalla sua mancanza di entusiasmo, se non fosse per Lulu (Hanna Hilsdorf), che funge da contrappunto: questa amica del liceo di Ava, che non ha lasciato la loro città natale e si è stabilita molto rapidamente in un rapporto duraturo, sprizza entusiasmo, ma si fa una montagna di illusioni e non vede i problemi che prima o poi le cadranno addosso. Alla luce dell'atteggiamento di Lulu, quello di Ava acquisisce un senso, supportato da una scena di micro-ribellione in cui pone fine a una disputa tra i suoi genitori sull'interesse che lei dovrebbe avere o meno per il trotskismo: nessuna rivoluzione qui, né presa di posizione netta; semplicemente Ava afferma che qualunque direzione prenderà, intende orientarsi da sola. In breve, lei sceglie di non fare una scelta, almeno non ancora, ma si percepisce che la persona che pacatamente si va costruendo durante il film sarà in grado, in un futuro più o meno prossimo, di impegnarsi finalmente.

Golden Twenties è coprodotto da Amerikafilm, BerghausWöbke Filmproduktion e Fox International Productions Germany. Il suo distributore è Twentieth Century Fox Germany.

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(Tradotto dal francese)

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