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KARLOVY VARY 2019 Concorso documentari

Recensione: The Last Autumn

di 

- Yrsa Roca Fannberg dimostra che puoi togliere la pecora dall'uomo, ma non l'uomo dalla pecora

Recensione: The Last Autumn

Se le selezioni dei festival dimostrano qualcosa, è che sembra esserci un intero genere di film, sia di finzione che documentari, che si concentrano su una vita semplice condotta da qualche parte nel nord, dove il tempo ha semplicemente deciso di fermarsi e restare immobile. Sebbene segni la fine di questo pacifico stile di vita per una coppia islandese, The Last Autumn [+leggi anche:
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di Yrsa Roca Fannberg – presentato nel Concorso documentari di Karlovy Vary – non fa eccezione. Ma anche se non porta nulla di nuovo al genere, offre comunque alcuni momenti commoventi – quanto basta per non risultare fastidioso.

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È un film malinconico, che descrive quella che potrebbe essere definita la fine di un'epoca, anche se al posto di The Last Picture Show, quello che si ha qui è l'ultimo gregge, poiché l'intera famiglia, compresi coloro che già vivono in città, si riunisce per un’ultima volta per riportare le pecore giù dalle colline. È particolarmente commovente in quanto è abbastanza chiaro che questo tipo di vita ha portato gioia a queste due persone, e non solo a loro: quando i loro animali vengono nutriti con il latte direttamente dalla bottiglia, ci sono alcuni scodinzolii di gioia davvero impressionanti.

Ma la coppia rimane eccezionalmente positiva e pragmatica riguardo al cambiamento imminente, mentre rimane meravigliata davanti a un nuovo mulino a vento o descrive poeticamente una montagna come se indossasse il suo "miglior scialle nuziale" in una foto. È quasi impossibile non provare nulla per loro, per i loro pratici stivali di gomma e la propensione al silenzio, occasionalmente interrotto da una conversazione con un animale domestico.

La regista Yrsa Roca Fannberg sembra ipnotizzata da questi movimenti spesso ripetuti, mentre si passano ciotole di bacche e panna, o ascoltano la radio che annuncia che "il nostro mondo sta diventando più informatizzato", senza che a loro una simile rivelazione serva a qualcosa, almeno fino a quando la famiglia non fa qualche cenno a Instagram e ai costumi di Harley Quinn per Halloween. È solo un peccato che, a parte alcuni fotogrammi in bianco e nero aggiunti al girato, non sia proprio il più visivamente immaginifico dei film, ad eccezione forse di alcune riprese da lontano – con persone piccole come formiche e altrettanto vulnerabili, circondate da un mondo che è ancora veramente maestoso. In questi rari momenti, la storia si trasforma quasi in una storia di "di giganti e di uomini", per parafrasare il titolo di quel film di Benedikt Erlingsson, ma l'attenzione torna rapidamente ai preparativi agrodolci per la partenza. O "uscita finale", come dice uno di loro, come se l’apocalisse fosse vicina.

Dedicato a tutti gli agricoltori presenti durante le riprese, e ai pochi che ancora rimangono (con le loro giornate indaffarate e il loro augurio di avere dei funerali "discreti"), con tutta la sua familiarità e il suo ritmo quasi calmo, The Last Autumn lascia lo spettatore in uno stato di letargia non del tutto spiacevole, desideroso di parlare con un cane fedele, e nessun altro, per tutta la settimana – il che, a pensarci bene, potrebbe non essere una cattiva idea.

The Last Autumn è prodotto da Hanna Björk Valsdóttir, di Akkeri Films, e Biti aptan bæði. Alibi Communications si occupa della promozione.

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(Tradotto dall'inglese)

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