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TRANSILVANIA 2019

Recensione: Arrest

di 

- Il secondo film di Andrei Cohn esplora le interazioni tra un torturatore e la sua vittima nella Romania degli anni '80

Recensione: Arrest
Alexandru Papadopol e Iulian Postelnicu in Arrest

Di tutti gli ex paesi comunisti, la Romania sembra sorprendentemente riluttante a utilizzare (e, in una certa misura, espiare) il suo passato opprimente nelle produzioni cinematografiche. Radu Jude, che è diventato un immancabile “redentore” della storia affrontando argomenti come la schiavitù dei Rom o l'olocausto rumeno, ora ha un degno compagno: Andrei Cohn, il cui secondo lungometraggio, Arrest [+leggi anche:
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, mostra cosa succede in una cella carceraria negli anni '80, quando un innocente architetto viene interrogato senza sosta per aver leggermente trasgredito le regole del regime. Dopo aver vinto il Romanian Days Award per il miglior lungometraggio della 18ma edizione del Transilvania International Film Festival (dal 31 maggio al 9 giugno, Cluj-Napoca - leggi la news), alla fine di questo mese Arrest incontrerà il pubblico internazionale nella competizione East of the West a Karlovy Vary.

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Il film inizia con una conversazione tra un detenuto (Iulian Postelnicu, che prende il posto di Vlad Ivanov come attore di riferimento per le parti di cattivo nel cinema rumeno) e il capo carceriere di una prigione comunista. La loro criptica conversazione indugia dopo un inquietante "Posso fare tutto quello che chiedi, ma non questo", e poi la storia passa al suo secondo protagonista, un uomo (Alexandru Papadopol) che sta trascorrendo le vacanze con la sua famiglia al mare. Prelevato dalla polizia per presunte domande di routine, presto finirà per condividere una cella con Vali, il personaggio di Postelnicu, ed essere gettato in un incubo claustrofobico di urla e calci.

Arrest, che dura poco più di due ore, è sostenuto dalla performance ricca di sfumature di Postelnicu, che incarna praticamente tutto ciò che ci aspettiamo dal suo personaggio, un uomo meschino che approfitta del potere effimero che esercita contro una persona che disprezza profondamente, il tutto dalla comoda distanza dei tre decenni trascorsi da quel periodo oscuro nella storia della Romania.

I modi brutali di Vali per portare la sua vittima a confessare varie azioni (insignificanti – almeno per noi – come aver guardato filmati vietati su VHS o ascoltato Radio Free Europe) faranno sussultare il pubblico, e qualcuno distoglierà lo sguardo dalla violenza così sapientemente dipinta. Il torturatore passa abilmente dall'abuso fisico alle conversazioni perverse ed estenuanti, durante le quali è lui l'unico a dettare le regole e a sancire il significato delle parole pronunciate.

I rumeni dovrebbero abbracciare questo film che mostra loro in modo esplicito l'assurda discesa agli inferi che tutti sapevano stava accadendo dietro le mura delle prigioni del paese, ma che preferivano non riconoscere, ritenendo che le morti riportate fossero una spaventosa pubblicità per l'onnipotente Securitate. Arrest non è un film perfetto, con l'interrogatorio che a volte diventa troppo ripetitivo e il rapporto tra i due protagonisti che risulta, in modo intenzionale (ma in qualche modo deludente), squilibrato. Tuttavia, ha il coraggio di mostrare ciò che molti hanno cercato di dimenticare, il che pone Arrest nella stessa categoria di cinema funzionale e necessario di Aferim! [+leggi anche:
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e “I Do Not Care If We Go Down in History as Barbarians” [+leggi anche:
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di Radu Jude.

Arrest è prodotto da Mandragora. Il film incontrerà il pubblico domestico a settembre, quando sarà lanciato dal braccio distributivo di Mandragora, Iadasarecasa.

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(Tradotto dall'inglese)

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