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BERLINALE 2019 Generation 14plus

Recensione: By the Name of Tania

di 

- BERLINO 2019: Mary Jimenez e Bénédicte Liénard propongono un documentario ibrido con un impianto narrativo audace

Recensione: By the Name of Tania

“Non è più il mio corpo. Non sono più io”. È  con queste parole, fuori campo, che comincia By the Name of Tania [+leggi anche:
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la terza pellicola del duo composto da Bénédicte Liénard e Mary Jimenez, presentato in anteprima mondiale alla Berlinale nella sezione Generazione 14+. Sono le parole di Tania, ragazza peruviana alla ricerca di un futuro migliore, che, volendo fuggire dal suo destino già tracciato nel suo piccolo villaggio, si ritrova costretta a prostituirsi nella regione di miniere d’oro del Perù, prima di essere sequestrata e violentata.

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Questa è la tragica odissea percorsa nella pellicola, dalla giungla alle miniere, dalla sua abitazione in cui sua nonna è morta fino alla gabbia dello sfruttamento sessuale. Questa odissea, vissuta da lei in prima persona, ma che accomuna i destini di tante altre Tania, sacrificate sull’altare della barbarie e dell’avidità in questa regione del Perù dove l’uomo diventa una bestia sia per se stesso che per la natura.

By the Name of Tania è un film ibrido, che mescola la natura del documentario con una realtà romanzata. Basata su numerose testimonianze reali, raccolte dalle registe mentre giravano uno dei loro film precedenti (Sobre las brasas [+leggi anche:
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) in Perù, la pellicola dipinge l’inferno vissuto da una generazione di giovani donne sacrificate. Danno una voce e un volto a Tania, personaggio ibrido, creatura cinematografica composita e simbolica, che rappresenta tutte le sfaccettature di questi tragici destini. Mentre la voce fuori campo riporta le testimonianze, le azioni sono ricreate da attori e attrici dilettanti.

La voce di Tania è, inoltre, la forza motrice della narrazione, rappresentando coloro i cui nomi e facce sono state dimenticati, agendo come un collante tra le scene introspettive, le inquadrature sul viso di Tania, le scene collettive che ascrivono il destino di Tania in un contesto e in una comunità molto più ampia e le scene rare e sorprendenti in cui Tania denuncia il suo calvario, da molti altri condiviso.

Mentre Tania parla, la cinepresa ci trasporta in giro per l’Amazzonia, le favelas fluttuanti e la giungla contrastano con il carattere cupo della storia, la povertà e le testimonianze toccanti della ragazza.

In Sobre las brasas, le due registe scrutavano la vita quotidiana di una famiglia che lottava per sopravvivere lavorando in una miniera di carbone, mentre Le Chant des hommes [+leggi anche:
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, lungometraggio di finzione, mirava a re-umanizzare la figura del migrante. Considerando oggi le anime perdute della corsa all’oro in Perù, qui propongono ancora una volta un film “di sopravvivenza”, dedicato ai superstiti, sottolineando il modo in cui l’istinto di sopravvivenza e la volontà di vivere permettano di resistere alla barbarie. Con il fine ultimo di restaurare la dignità delle persone/personaggi privati della loro identità dalla violenza umana.

By the Name of Tania è prodotto da Hanne Phlypo per Clin d’Oeil Films (Belgio), in coproduzione con Dérives (Belgio) e BALDR (Paesi Bassi). Il film è distribuito internazionalmente da Pluto Film.

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(Tradotto dal francese da Carlotta Cutrale)

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