Recensione: Boys Who Like Girls
- Il primo lungometraggio documentario della regista finlandese Inka Achté ci costringe a fare un passo indietro nel considerare le radici della misoginia
Il brutale stupro di gruppo di una ragazza su un autobus a Nuova Delhi nel 2012 scosse il mondo e portò a una nuova consapevolezza della violenza profondamente radicata contro le donne in India. Nuovi programmi per educare i ragazzi a resistere agli stereotipi e a proteggere le donne hanno iniziato a spuntare in tutto il paese. La regista finlandese Inka Achté ha deciso di seguire uno di questi progetti, Men Against Violence and Abuse (MAVA), e questo è diventato il suo primo lungometraggio documentario, Boys Who Like Girls [+leggi anche:
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scheda film], che è stato presentato in prima mondiale nella sezione Doc/Think dello Sheffield Doc/Fest.
Ancor prima che comincino i titoli di testa, che contengono le informazioni sopra menzionate, incontriamo alcuni dei principali protagonisti della storia. Ved è un adolescente intelligente e di talento che partecipa al progetto sotto la guida di Asper, un giovane volontario. Il MAVA è guidato dal professore di mezza età Harish Sadani e lo incontriamo per la prima volta mentre discute della situazione familiare di Ved con l'insegnante del ragazzo.
Il padre di Ved è un alcolizzato che abusa della moglie ogni giorno, e suo fratello maggiore non contribuisce affatto al bilancio familiare. Quindi Ved deve lavorare per sostenere la sua famiglia e ha anche il compito di occuparsi di tutte le faccende domestiche. Questo limita la sua attività a scuola e al MAVA a tal punto che sia il suo insegnante che Harish sono molto preoccupati.
In parallelo, seguiamo le attività del MAVA, che rivelano un problema profondo nella società indiana: le donne sono considerate cattive se si vestono provocatoriamente, e i giovani pensano che sia colpa loro se vengono violentate. Gli uomini non possono controllarsi e non dovrebbero essere eccitati in quel modo – questo è il ragionamento. I volontari e gli esperti del MAVA cercano di abbattere questi pericolosi pregiudizi attraverso vari workshop e proteste che mettono in scena per le strade di Mumbai.
Ma i finanziamenti scarseggiano e Harish partecipa a una conferenza sui diritti delle donne in Danimarca alla ricerca di fondi, scoprendo allo stesso tempo un altro pregiudizio, inizialmente inaspettato e altrettato irritante...
Boys Who Like Girls è un film gradito e importante, ma non solo perché mostra i problemi del patriarcato indiano. Può sembrare più dichiarato e dominante che in Occidente, ma la logica dietro di esso è letteralmente la stessa, come ha dimostrato il fenomeno #MeToo, ed è inutile rompere gli stereotipi femminili senza modificare anche quelli maschili sin dalla tenera età.
Attraverso una combinazione dell'aspetto sociale e del viaggio personale di Ved (il film è montato da Livia Serpa con la giusta misura di entrambi, in un ritmo costante), e con il suo approccio osservativo, Achté ci costringe a fare un passo indietro nel considerare le radici della misoginia, e quanto spesso e facilmente li interpretiamo male. Attraverso questa storia, il film riflette la complessità della questione in termini globali. Invece di concludere quanto sia terribilmente arretrata la società indiana, il pubblico è inevitabilmente portato a mettere in discussione i propri pregiudizi e valori, e quelli delle rispettive società.
Boys Who Like Girls è una coproduzione della finlandese Napafilms, la norvegese UpNorth Film e l’indiana One-Eyed Turtle Films.
(Tradotto dall'inglese)
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