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ARRAS 2017 Scoperte Europee

Drôle de père: la farfalla e l’elefante

di 

- Amélie van Elmbt mette in scena con grande delicatezza tutte le sfumature di tre giornate durante le quali una bambina si ricongiunge con il padre sconosciuto

Drôle de père: la farfalla e l’elefante
Thomas Blanchard e Lina Doillon in Drôle de père

Giunta alla ribalta nel 2012 con La Tête la première [+leggi anche:
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, un film quasi interamente autofinanziato, selezionato a Cannes per l’ACID, candidato al Lumière 2014 come miglior lungometraggio d'esordio e che aveva attirato l’attenzione di Martin Scorsese, la regista belga Amélie Van Elmbt fa ancora prova di grande originalità e sensibilità con la sua seconda opera: Drôle de père [+leggi anche:
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intervista: Amélie van Elmbt
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, una produzione dei fratelli Dardenne che è stata da poco proiettata nella sezione Scoperte Europee del 18° Festival del Cinema di Arras e che a Namur aveva ottenuto due riconoscimenti.

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Bisogna dire che la giovane regista è coraggiosa e non è il tipo che si nasconde dietro a espedienti narrativi più o meno artificiali, preferendo immergersi sul filo del rasoio di un naturalismo dominato dagli sguardi e dai gesti, dalla dolcezza e dalla sobrietà. Una scelta che potrebbe essere rischiosa quella del suo nuovo film, dove viene messo in scena il faccia a faccia quotidiano tra un uomo e una bambina di cinque anni. Sebbene il loro incontro sia un qualcosa di eccezionale e che un velo di non detto avvolgerà sempre il legame che si creerà poco a poco tra i personaggi, la regista non fa mistero dei segreti della situazione, preferendo concentrarsi sul cuore della sua narrazione, ovvero sull’osservazione discreta del modo quasi impalpabile di come si sviluppa un cambiamento.

Antoine (Thomas Blanchard) suona alla porta di Camille (Judith Chemla), che aspetta con impazienza la baby-sitter di sua figlia Elsa (Lina Doillon), e, dopo uno scambio silenzioso di sguardi, gli viene sbattuta la porta in faccia in quanto visitatore non atteso. Tuttavia, Camille deve partire urgentemente per motivi di lavoro e cambia idea. Ecco che Elsa viene affidata ad Antoine, raggiunto in strada e presentato come un “amico di mamma” (“Si prenderà cura di te fino all’arrivo di Olga”). La baby-sitter non si presenta e Antoine deve occuparsi della bambina: giocare con lei, uscire con il triciclo prima di portarsela dietro (prendendo in prestito la macchina della madre) perché deve mettere a posto una questione di famiglia. Quando tornano si rendono conto che le chiavi sono rimaste all’interno dell’abitazione. Antoine ospita quindi Elsa da lui, cosa che non va a genio a Camille (“Credi di poter riapparire così e che ti lasci Elsa?”) e chiede che la bambina sia portata l’indomani mattina a casa della nonna. Ma l’uomo e la bambina hanno cominciato a conoscersi e a trovarsi bene insieme, girando intorno al segreto di pulcinella che li lega e che lentamente inizia a gettare la maschera.

La natura, la famiglia, l’amore paterno e l’amore filiale, l’eredità, l’istinto protettivo, l’intuito dello spirito e la suggestività dell’immaginazione, le ferite invisibili degli affetti e del passato: sotto un velo di apparente semplicità, il film è di una grande profondità. Grazie all’estrema sottigliezza con la quale vengono captate le variazioni impercettibili della realtà, alla qualità con la quale guida gli attori e alla agile sensibilità del direttore della fotografie Eric Gautier, Amélie van Elmbt firma un’opera ricca di fascino completamente screvra da ogni velleità drammatica. E nel caso qualche spettatore rimanesse di stucco per il suo stile, un impressionismo mascherato da realismo, significherebbe che egli non ha bambini o non ha vissuto l’infanzia e che ha senza dubbio dimenticato che i racconti migliori sono spesso i più innocenti (come quello dell’elefante e della farfalla che si sente nel film).

Prodotto da Les Films du Fleuve, Drôle de père è stato coprodotto dalla casa parigina Why Not.

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(Tradotto dal francese)

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