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BERLINALE 2016 Forum

Le fils de Joseph: Giuseppe, Maria e… Vincent

di 

- BERLINO 2016: Eugène Green presenta a Berlino il suo nuovo delizioso film: una rivisitazione della Bibbia che volge alla commedia romantica, con la sua tipica messa in scena ieratica

Le fils de Joseph: Giuseppe, Maria e… Vincent
Victor Ezenfis, Natacha Régnier e Fabrizio Rongione in Le fils de Joseph

Pochi registi sarebbero capaci di un’impresa simile. Un film che tratta la paternità in modo unico, suggerisce una rilettura di vari episodi della Bibbia, gioca con gli ingredienti della commedia romantica e persino screwball, e si caratterizza per la non naturalezza dei suoi personaggi e delle situazioni. Eugène Green è decisamente uno di quei registi, giacché tutto questo è contenuto in Le Fils de Joseph [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, suo ultimo e poco classificabile film, presentato nella sezione Forum della 66ª Berlinale.

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In esso seguiamo Vincent (Victor Ezenfis), ragazzo quindicenne che non conosce l’identità di suo padre. Vincent vive con sua madre Maria (Natacha Régnier) in piena Parigi, una città in cui la gente cammina e si scontra, concentrata come è sullo schermo del telefonino. Davanti a una tela di Caravaggio, Il sacrificio di Isacco, Maria, madre single, dice a Vincent di non avere un padre.

In questa città esiste anche un curioso piccolo mondo che ruota attorno al business editoriale, cui Vincent va a parare dopo aver trovato una lettera di sua madre con il nome di Oscar Pormenor (Mathieu Amalric). Suo padre, freddo e odioso, è il grande guru di questo mondo, dove Vincent conosce anche la pittoresca critica Violette (Maria de Medeiros) e il fratello del primo, Giuseppe (Fabrizio Rongione), che avrà sulla sua vita un impatto inaspettato.

A questo punto, siamo al quarto capitolo del film, intitolato “Il carpentiere”: qui l’ombra della Natività comincia a delinearsi, quando Giuseppe conosce Maria, e suo figlio ne è il motivo principale. Come è noto, è stato per suo figlio Gesù che Giuseppe è diventato padre, e non il contrario. La paternità è un tema con cui Green si diverte, dal momento in cui l’amico di Vincent gli propone di unirsi al suo commercio di liquido seminale su internet. Gli episodi biblici di Abramo e Isacco accentuano questo aspetto, permettendo al regista francese, nato negli Stati Uniti, di firmare scene sublimi come quella del legame speciale tra padre e figlio durante il concerto di musica barocca. Il dramma familiare che fa da sfondo al film sfuma in un tono più disteso che culmina con l’arrivo alla festa di Oscar in Normandia, nel più puro stile screwball, e nell’inserimento di un asino in questa Sacra Famiglia. E’ questo umorismo irriverente, intellettualizzato e assurdo, pieno di allegorie e significati, che Green finisce per far prevalere, come sulle orme recenti di un altro autore francese molto filosofico, Bruno Dumont, fino a ottenere un risultato tanto ricco quanto unico.

Perché, ovviamente, assistiamo a tutto ciò dopo che Green decide di fare dei suoi personaggi dei meri strumenti, costretti a declamare dialoghi senza espressione come se si trattasse di uno studio di recitazione. Il regista, fedele a se stesso, continua a sfruttare il suo caratteristico stile ieratico, cui si addice stupendamente un approccio più comico, in contrapposizione ai suoi film precedenti, più seri.

Le Fils de Joseph, coprodotto da Francia (Coffee and Films) e Belgio (Les Films du Fleuve), è una prova ulteriore che quello che fa Green non lo possono fare in molti.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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