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SOLETTA 2016

The Swallow riporta Mano Khalil sulla strada della finzione

di 

- Il regista svizzero d’origini curdo-siriane Mano Khalil in competizione per il Prix de Soleure con il suo road movie, storia di un terribile segreto familiare

The Swallow riporta Mano Khalil sulla strada della finzione
Manon Pfunder in The Swallow

Dopo essersi aggiudicato il prestigioso Prix de Soleure nel 2013 con il suo toccante Der Imkel, Mano Khalil torna alle Giornate di Soletta per presentare il suo ultimo film, The Swallow (Die Schwalbe) [+leggi anche:
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scheda film
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, ritratto complesso di una ragazza che parte alla ricerca della sue radici familiari. Un viaggio che si rivela ben più pericoloso e sconvolgente di quello che si aspettava

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Come spiega lo stesso Mano Khalil, conosciuto soprattutto per i suoi documentari, The Swallow è nato dalla necessità di ritornare a lavorare in squadra, di sperimentare una collettività che ha da tempo trascurato. Ciò nonostante, The Swallow non si scosta dai temi cari al nostro regista quali la ricerca d’identità, l’incontro-scontro fra le culture e soprattutto il destino del suo Kurdistan natale. Mira, la rondine (die Schwalbe in tedesco) del suo film è alla ricerca di un nido, di una casa che ha potuto intravedere solo attraverso le poche foto che ha di suo padre, un padre messo su un piedistallo le cui basi si rivelano di un’inquietante instabilità. In un certo senso annoiata della sua vita in Svizzera e decisa a ritrovare quel genitore che gli è sempre stato negato, Mira (interpretata dalla brava Manon Pfunder) parte per il Kurdistan iracheno. Quello che l’aspetta è una realtà difficile da comprendere dove la violenza, il terrorismo e i regolamenti di conti convivono con un incessante bisogno di pace, un momento di calma e riflessione dove poter finalmente riflettere sul proprio destino. Se da un lato sono le speranze, un desiderio bruciante di verità a farla avanzare, dall’altro le ombre che si insinuano sempre più insistentemente sulla sua strada, la morbosa attenzione delle persone al nominare suo padre, le fanno presagire una fine tutt’altro che felice. E se dietro alla figura eroica che si è costruita si nascondesse un mare di menzogne? Sarebbe capace di accettare la verità, di integrare la tragedia nella sua storia familiare, nella sua identità? Queste sono le domande che The Swallow ci spinge a porci. 

Sebbene l’iniziale ingenuità di Mira, la sua apparente spavalderia, siano a tratti quasi irritanti, queste sono a ben pensarci molto realistiche. Lontani dalle zone di conflitto, comodamente seduti davanti alla TV, viviamo l’orrore come se fossimo anestetizzati, come se i nostri sentimenti fossero costantemente mediati dallo schermo, virtuali. Cosa significa invece vivere l’esperienza della guerra senza protezione, esposti, soli? Questo è proprio quello che sperimenta Mira, portavoce di una storia che da personale diventa pian piano universale. I paesaggi del Kurdistan che fanno da cornice a questo strano road movie sono così maestosi da farci sentire piccoli e terribilmente esposti. L’orrore che si nasconde dietro tanta bellezza sembra improvvisamente troppo brutale per essere reale. Come potrà Mira assimilare tutto questo ad un quotidiano, quello in Svizzera, che sembra situarsi su un altro spazio-tempo? Un quesito questo che è al centro di tante storie personali che ci attorniano ogni giorno nelle nostre cosmopolite città europee.

Un film delicato e allo stesso tempo tragico che apre molte ferite, verso un dibattito necessario.

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