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ROMA 2015

Full Contact: nella mente di un pilota di droni

di 

- Il nuovo film dell’olandese David Verbeek, in Selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma, è un viaggio allucinato al confine tra realtà e finzione

Full Contact: nella mente di un pilota di droni
Grégoire Colin in Full Contact

Dopo R U There [+leggi anche:
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, che già immergeva il suo protagonista in un mondo virtuale dove si sparava molto, il 35enne regista olandese David Verbeek torna a esplorare il confine tra realtà e finzione nel suo sesto lungometraggio, Full Contact [+leggi anche:
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, un viaggio nella mente di un pilota di droni che, protetto dallo schermo del suo computer, uccide il nemico a migliaia di chilometri di distanza. Presentato in concorso all’ultimo Festival di Toronto, e visto in Selezione ufficiale alla 10a Festa del Cinema di Roma, il film di Verbeek è una discesa agli inferi iper tecnologica popolata di fantasie, incubi e sensi di colpa, per mano di un ottimo protagonista, il francese Grégoire Colin (35 Rhums [+leggi anche:
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, Le Tueur [+leggi anche:
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, La vita sognata degli angeli), e con una messa in scena sensoriale e ipnotizzante.

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Seminare morte attraverso un monitor: fino a che punto lo si percepisce come un atto reale? Ivan è un operatore militare che controlla i droni americani in Afghanistan e Pakistan dalla sua base in Nevada, va a caccia di terroristi. Uccide seduto al computer, al riparo da ogni pericolo, guidato da una voce in cuffia che ogni volta che centra il bersaglio gli conferma con freddezza: “contact”. Vive da solo, in un appartamento bianco, asettico; nel tempo libero, va in moto e frequenta gli strip club. È lì che incontra la spogliarellista Cindy (Lizzie Brocheré), unico essere umano con cui lo vediamo socializzare, o almeno provarci. Ma un giorno Ivan, per sbaglio, colpisce una scuola: un evento che solo apparentemente non lo scalfisce (“ho eseguito un comando”, dice) ma che invece segnerà un punto di svolta nella sua vita.

Il film è diviso in tre parti distinte: dopo la prima, appena descritta, ci ritroviamo in una specie di incubo in cui Ivan, nudo, fra le rocce, torna come a uno stato primitivo, accende il fuoco, mangia granchi, esplora caverne. Un viaggio allucinato nella mente del protagonista, e nei luoghi stessi dove si nascondono i terroristi, in cui per la prima volta Ivan guarderà negli occhi il suo nemico. Nella terza parte, Ivan ha cambiato vita, lavora allo smistamento bagagli di un aeroporto francese. Fa amicizia con una collega che ha lo stesso volto di Cindy e prende lezioni di full contact sotto la guida di Al Zaim (Slimane Dazi). Si prepara così a un importante incontro sul ring, dove entrerà in contatto fisico con il suo avversario: un progressivo avvicinamento alla realtà, e alla concretezza del sangue, che lo porterà anche a una riappacificazione interiore.

“Attraverso i miei film, cerco sempre di catturare lo spirito del tempo. Quando ho sentito parlare per la prima volta di piloti di droni, ho avuto la sensazione immediata che il loro difficile rapporto con lo schermo riguardasse tutti noi”, afferma Verbeek. “È un film che dovevo fare e potevo farlo solo entrando nella mente traumatizzata del protagonista”. Un film non lineare, quindi, e di grande fascino, che lascia lo spettatore con qualche dubbio ma di certo non indifferente.

Prodotto nei Paesi Bassi da Lemming Film, Full Contact è coprodotto dai croati di Nukleus Film; le vendite internazionali sono affidate a Bac Films.

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