Piccola patria lacerata
- Il primo lungometraggio di fiction del documentarista Alessandro Rossetto è ambientato nel Triveneto: una realtà culturale che da locale diventa universale
Due ragazze con il solo desiderio di lasciare la soffocante realtà di una piccola cittadina di provincia nel Nord Est italiano sono le protagoniste di Piccola patria [+leggi anche:
trailer
scheda film] di Alessandro Rossetto, in concorso nella sezione Orizzonti della Mostra di Venezia.
Prodotto da Arsenali Medicei di Paolo Benvenuti e Jump Cut, il film - spiegano i produttori Gianpaolo Smiraglia e Luigi Pepe - "racconta una zona oscura della nostra cultura, del nostro presente, non strettamente legato a una realtà italiana, tantomeno triveneta, quanto europea, globale, e al tempo stesso intima e proprio per questo universale. Un esperimento autoriale che ha sempre avuto il senso di una sfida aperta, di una scommessa: per vincere le quali siamo stati felici di poter contare sul sostegno per la prima volta congiunto delle 4 principali Film Commission del Nord Est italiano, unite per sostenere un film dalla forte connotazione europea: l'Ufficio Cinema della Regione del Veneto, la BLS - Film Fund & Commission dell'Alto Adige, la Trentino Film Commission e la Friuli Venezia Giulia FC, con il supporto del Programma MEDIA".
Il regista Rossetto è un documentarista padovano al suo primo lungometraggio di finzione. "Per questo film - spiega a Cineuropa - ho usato gli strumenti del documentario, dividendo il tempo del lavoro in maniera non canonica, dando profondità ai personaggi, ma con un approccio più antropologico che psicologico". Per questo motivo Rossetto ha usato il dialetto, già in sede di scrittura della sceneggiatura. "Il dialetto è una lingua pre-materna che ti lega alla terra, qualcosa che precede te e la tua famiglia. In questo modo gli attori hanno sentito una comune appartenenza".
Cinematograficamente attratto dalle zone di confine "dove campagna e città si toccano", il regista ha cercato nel Nordest le storie che compongono il film: "Nel Triveneto si è passati troppo velocemente da una cultura contadina ad una cultura del lavoro a livello industriale, e questa accelerazione ha creato una lacerazione".
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