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LOCARNO 2013

Sangue: viaggio al termine del dolore

di 

- L'unico film italiano in concorso al 66° Festival del Film di Locarno è una personale ricerca della verità; è il confronto tra due uomini che apparantemente non hanno assolutamente nulla in comune

Sangue: viaggio al termine del dolore

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di Pippo Delbono, l'unico film italiano in concorso al 66° Festival del Film di Locarno, è, come dovrebbe essere ogni opera artistica, una personale ricerca della verità; è il confronto tra due uomini che apparantemente non hanno assolutamente nulla in comune, a parte la necessità di dare un senso alla propria vita guardando in faccia alla realtà senza pregiudizi.

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Pippo Delbono e Giovanni Senzani, storico leader della Brigate Rosse, viaggiano insieme attraverso l'Italia, è il viaggio di due uomini smarriti in un mondo che certamente non sta meglio di loro, è un viaggio nel dolore per la perdita delle due donne più importanti della loro vita, la mamma di Pippo e la moglie di Giovanni,  ed è un viaggio in se stessi di fronte alla morte, che, in ultima istanza, è ciò che da senso alla vita.

Sangue tocca uno dei nervi scoperti della storia italiana, il terrorismo, argomento che in una nazione per sua natura faziosa, innescherà le solite sterili polemiche. Il regista sull'argomento è un fiume in piena: «In Italia preferiamo la menzogna, ma un paese che non vuole conoscere il proprio passato non saprà mai dove sta. Mi da fastidio l'ipocrisia della falsa morale che imperversa in Italia quando si trattano certi argomenti. Non condivido nulla delle scelte di Giovanni, penso che uccidere significhi uccidere se stesso e la rivoluzione in cui credi, però non sopporo la falsità del perbenismo».

Giovanni Senzani parla di una storia finita: «Nel funerale di Prospero Gallinari ho visto il funerale delle nostre idee, della guerriglia, della lotta armata. Ho visto tutte le ex fazioni delle Brigate Rosse e nessuno della vecchia generazione ha alzato il pugno, non per codardia, ma perchè è una storia finita».

Come nella tradizione del teatro inglese, anche per Delbono, che nel teatro è cresciuto, un'opera è sempre politica: «È il privato che diviene politico sbarazzandosi di tutto ciò che è ideaologia. La vera rivoluzione sta nel linguaggio che uso non nel tema che tratto». E il segreto del linguaggio per Pippo sta «in quella piccola telecamera che ti permette di cogliere dei momenti straordinari, e di fermarli in quella bellezza e necessità che sono la forza del cinema, la sua verità».

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