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FILM Italia

Torino FF: due film che guardano al mondo arabo

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Cinquant’anni fa erano siciliani, calabresi e lucani, valigie di cartone e il sogno di un posto di lavoro alla Fiat; oggi sono i maghrebini, le genti del sud del mondo, che a Torino cercano la speranza di una vita migliore. Il punto d’approdo è sempre lo stesso, il quartiere di Porta Palazzo: qui, poco lontano dai simboli della città (e dai luoghi del Torino Film Festival), sono ambientati due titoli, entrambi in Festa Mobile, che testimoniano il crescente interesse del cinema italiano per il mondo arabo: accomunati, oltre che dalle stesse location, dalla presenza di uno stesso protagonista, il tunisino Ahmed Hafiene, già candidato al David di Donatello per La giusta distanza [+leggi anche:
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Ne La straniera, travagliato film di Marco Turco (primi sopralluoghi dieci anni fa, produce La Beffa e non distribuisce, per il momento, nessuno), l’attore è Naghib, un architetto marocchino perfettamente integrato in Italia, “uno di quegli immigrati – spiega il regista – che lasciano il proprio Paese spinti non dalla fame, ma dall’amore per l’Occidente”. L’uomo ha scelto di tagliare i ponti con le proprie origini, finché non conosce Amina (Kaltoum Boufangacha), bellissima prostituta dal difficile passato e dal futuro non meno incerto. Tutto, naturalmente, a cominciare dalla legge, complotta contro il loro amore: ma siamo pur sempre dalle parti di Pretty Woman (“volevo affrontare temi importanti senza prendere di petto il sociale, attraverso una favola”), e quindi tutto è bene quel che finisce bene: soprattutto per merito di una poliziotta incinta (Sonia Bergamasco), prima “nemica” e poi alleata, di cui non c’è traccia nel romanzo di Younis Tawfik (dall’epilogo assai meno fiabesco) da cui è tratto il film.

Polizia anche in La cosa giusta, opera prima di Marco Campogiani: come sempre quando si tratta di una coppia di sbirri, anche qui i personaggi sono l’uno l’opposto dell’altro: il primo (Ennio Fantastichini) spiccio, esperto e disilluso; il secondo (Paolo Briguglia) giovane, idealista e padrone dell’arabo. L’ideale per pedinare Khalid (di nuovo Hafiene, stavolta in presa diretta), assolto in primo grado ma ancora sospettato di fiancheggiare Al-Qaida: l’indagato, però, mangia subito la foglia, e – visto che nel frattempo qualcuno lo minaccia – i due poliziotti diventano la sua scorta. Raccontato così, il film (prodotto da Toma Cinematografica e Rai Cinema, e in sala il 27 novembre con Cinecittà Luce) potrebbe sembrare un poliziesco. Non lo è: il regista – che si è ispirato a un fatto di cronaca: un cittadino extracomunitario accusato di terrorismo, prosciolto ma espulso lo stesso – confessa di guardare piuttosto a certa commedia all’italiana, con le sue coppie agli antipodi e gli strani incontri destinati a trasformarsi in inattese amicizie (con tanto di inviti a cena e partite a biliardino). Si ride poco, però, e di quella tradizione manca l’amarezza: qui tutti sono buoni, tutti si vogliono bene, tutti si perdonano. Tutti pensano di fare “la cosa giusta”. E, quel che è peggio, prima o poi la fanno davvero.

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