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Szabolcs Hajdu • Regista

"L’oceano è lì, in una sola goccia d’acqua"

di 

- Con la sua terza opera, Szabolcs Hajdu è stato selezionato alla Quinzaine des réalisateurs a Cannes dopo aver ottenuto il premio al Miglior Regista alla Settimana del Cinema Ungherese 2006

Nato nel 1972, Szabolcs Hajdu ha incominciato la sua carriera nei primi anni ’90 come attore. Ha studiato all’Università di Budapest, dove ha conosciuto la maggior parte dei registi che formano la nuova generazione ungherese. Il suo primo film, Sticky Matters, realizzato nel 2000, ha vinto il Premio del miglior film al Festival del Film Ungherese nel 2001. Nel 2003 dirige il suo secondo lungometraggio Tamara ed è con il suo terzo film, White Palms [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Szabolcs Hajdu
scheda film
]
, che è stato selezionato alla Quinzaine des réalisateurs dopo essere stato designato miglior regista al Festival del Film Ungherese nel 2006.

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La storia di White Palms è abbastanza autobiografica ma allo stesso tempo parla dell'Ungheria. Era tua intenzione descirvere la società ungherese? Il mio film non vuole essere una critica diretta della società. La cosa più importante era di seguire il personaggio principale, osservare cosa accade dentro di lui, senza ombre, senza trasformarlo in qualche cosa di estetico. Anche se gran parte della trama si svolge nel passato, ho voluto fare un film ancorato al presente. Ho voluto dare la sensazione che tutto accadesse ai nostri giorni. C’era il pericolo di cadere nel genere «estetico retrò», molto in voga attualmente (per questo genere l'Ungheria degli anni `80 sarebbe stata perfetta). Non abbiamo utilizzato le reliquie e gli stereotipi abituali (la stella rossa comunista, la statua di Lenin, ecc.). Sono convinto che i meccanismi di un sistema sociale sono proiettati anche nella più piccola delle comunità: la famiglia. In questo modo la critica sociale è presente indirettamente nel film. Vediamo una palestra, una famiglia, ma tutta la società è là, in quella famiglia; la dittatura è presente in maniera inconsciente nel comportamento delle persone. Così la mia risposta è sì: l'oceano è lì, in una sola goccia d’acqua.

Appartieni ad una nuova generazione di registi ungheresi: credi che ci sia una “new wave” nel cinema ungherese? I nuovi registi rispecchiano il cambiamento sociale nel paese?
I critici cinematografici dicono che i registi intorno ai trent’anni appartengono alla “new wave.” In realtà non ho un’idea molto precisa. Posso solo dire che la mia generazione è una generazione emergente per ragioni storiche, non grazie al talento. Siamo la prima generazione che ha la possibiltà di fare film da quando il regime è finito. (Nel 1990 avevo 18 anni e incominciavo la mia vita da adulto. Ho dovuto trovare altri riferimenti nel mondo del capitalismo, che intimidiva la vecchia generazione. Ma dato che il capitalismo è tutto quello che ho conosciuto, per me era un fenomeno naturale.) I membri della nuova generazione erano adolescenti o bambini durante il regime comunista; la nostra infanzia e la nostra memoria sono connesse a quell’epoca. Ma siamo diventati adulti durante il capitalismo. Questo dualismo di definisce e ci determina. Parliamo del passato in modo diverso di quanto non facessero i nostri predecessori; la nostra relazione con il presente è diversa.

György Palos afferma che questa nuova generazione gira le spalle alla “pura estetica” della vecchia generazione. Sei d’accordo?
Non sono proprio sicuro di cosa voglia dire esattamente Pálos, ma penso che la differenza tra le generazioni non deve essere vista come contrapposizione di forma ma piuttosto di comportamento, che conduce in seguito all’estetica. Penso sia molto importante che i nuovi registi ungheresi possano raccontare le proprie storie. Molti registi sono autori. Cerchiamo di mostrare un universo soggettivo e privato, un pecorso molto fragile e rischiosa. La generazione che ci ha preceduto ha spesso adattato storie di altri autori. Sappiamo poco delle loro storie personali; loro stessi rimangono nascosti.

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