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Jorge Sánchez-Cabezudo • Regista

La genesi della violenza

di 

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intervista: Jorge Sánchez-Cabezudo
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gode di una struttura matura e molto curata, ma come è nata l’idea di un film cosí articolato e quale è stato il processo di sviluppo?

Jorge Sánchez-Cabezudo: Spero che il pubblico sia d’accordo e pensi che il film vale la pena. Per me “l’idea” è l’elemento più importante e difficile da generare. In questo caso fu Mariano Alameda (attore di televisione), il quale desiderava fare cinema, aveva esperienza in speleologia e mi propose un’idea chiamata Angosto. Una specia di Screem in una grotta, però la veritá è che non mi sembrava una grande idea, tuttavia gli proposi di cedermi il titolo e l’elemento della grotta, e lavorai per conto mio. Avevo un forte desiderio di scrivere qualcosa sulla violenza, e l’elemento grotta mi portó ad ambientare la storia in una zona rurale. Lungi dal cadere nel tremendismo sulla Spagna profonda per parlare di violenza, decisi di virare verso il thriller. Non ho voluto presentare la violenza come elemento parte del mondo rurale e decisi che il germe doveva venire dalla città. Alla fine, ció che quadró il cerchio fu la scoperta di quella che sarebbe diventata la struttura definititiva del film. Le strutture frammentate mi hanno sempre interessato ed in questo caso aveva il vantaggio di dare un visione globale della storia ed allo stesso tempo spiegarne la complessitá. Oltretutto, l’idea di raccontare la storia attraverso punti di vista distinti illustra perfettamente la genesi della violenza che spesso è frutto dell’incapacitá di comprendere i punti di vista altrui. Soprattutto non volvevo che la storia si riducesse ad un mero meccanismo di suspense, per cui pensai in personaggi quotidiani, che si possono incontrare tutti giorni per strada. Nonostante si trattasse di un thriller, il mio sforzo creativo é stato sempre orientato a renderli umani, con le loro contraddizioni, i loro conflitti di tutti i giorni in modo da poterne comprendere le reazioni quando si trovano in una situazione estrema. Questo elemento aggiunse dramma al thriller. Il resto del processo fu lavorare duro e rubare idee, esperienza personali, momenti di vita quotidiana, personaggi conosciuti o addirittura solo visti attraverso i media.

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I tuoi due corti Mustek e La Gotera si possono definire “di genere”. Dunque, dove si colloca La notte dei girasoli [+leggi anche:
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, un film che propone quesiti chiave sul comportamento umano mentre ci lascia inchiodati alla poltrona del cinema?

Mi piace pensare che si tratta di un film noir ambientato in una zona rurale, ma soprattutto è un film di attori. Possiede tutti gli elmenti del genere poliziesco con una parte di dramma. La struttura permette captare l’interesse dello spettatore e durante la storia puoi parlare di argomenti che ti interessano. Mi risulta molto interessante lavorare con un genere determinato, perché ti obbliga a lavorare con dei parametri fissi che lo spettatore accetta e con i quali risulta molto divertente giocare o ricercarne il giro per aggiungere qualcosa (in questo i Cohen sono specialisti). Riguardo l’elemento di suspense, l’intenzione era di intrattenere senza ingannare lo spettatore occultando informazioni. Mi ha sempre affascinato Hitchcock, nei cui film lo spettatore sa sempre qualcosa di piú che i protagonisti. Riguardo i dilemmi sul comportamento umano, mi interessava che il film proponesse quesiti. Non si tratta di dare lezioni di moralitá, nè di giudicare i personaggi, ma di proporre una situazione di dilemma morale, un determinato stato della cose. Mi interessava questo aspetto: come reagisce la gente dinanzi ai dilemmi morali, come li affronta o semplicemente ne sfugge per andare avanti. Prima mi parlavi della qualitá di film europeo e difatti questa fu una delle premesse; personaggi completamente spagnoli, ma con conflitti per nulla geograficamente riconoscibili. Doveva essere tutto comprensibile, sia che i poliziotti fossero guardias civiles spagnole, sia che fossero gendarmi francesi o polizia tedesca.

Vedendo il film è evidente che l’ambiente è un personaggio cruciale ne La notte dei girasoli [+leggi anche:
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, fino a quasi sentire la voce delle zone rurali spirando, un grido che è anche piú forte della disperazione della gente che ci vive. A volte risulta molto difficile staccarsi dai personaggi che si creano.

Effettivamente, abbiamo sempre puntato sull’ambiente come un personaggio del film. In qualche modo rappresenta la base della storia. La agonia delle zone rurali è anche il decadimento morale dei personaggi, e piú concretamente la morte di uno di loro potrebbe servire come metafora della lenta estinzione del mondo rurale, e del nostro silenzio e passivitá al rispetto. Forse perché, come per nostri protagonisti, non é di nostro stretto interesse o semplicemente ignioriamo il problema. Di questi paesini mi rimane la meravigliosa esperienza di aver girato lí, di averne conosciuto i pochi abitanti rimasti, gente incredibile che ci aprì le porte delle loro case e ci facilitó molto il lavoro; ma mi rimane anche la triste impressione di aver presenziato l’estinzione di un modello di vita. La forma di vita rurale, cosí come l’hanno conosciuta i miei nonni ed i miei genitori, è probabile che mio figlio riesca ad apprezzarla, però temo che i miei nipoti dovranno studiarla attraverso i libri di storia.

Con un opera prima cosí promettente, è impossibile resistere alla tentazione di chiederti cosa si prospetta nel tuo futuro professionale e quando ci onorerai con un’altra opera d’arte. E sappi che non ci accontentiamo di una risposta a metá, dal regista del film sulle veritá ci aspettiamo tutta, ma proprio tutta la veritá.
L’opera d’arte non so, per ora spero di avere la posibilità di raccontare storie nella miglior maniera possibile: la veritá vera è che adesso non saprei cosa dirti. Ho due idee nelle quali sto lavorando, molto distinte l’una dall’altra. Pero se già per me è difficile prenderé decisioni in generale, adesso che non so come andrà il film mi sento completamente perso. Oltretutto, come ti dicevo, in qualunque momento potrei scontrarmi con l’elemento che mi faccia dire “ce l’ho, ho trovato l’idea”, e vorrei essere molto aperto perché chissá da dove viene questa volta.

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