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Michel Reilhac • Direttore di Arte France Cinema

"Il cinema deve sfruttare tutti i supporti disponibili"

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Dopo aver diretto Le Forum des Images, Michel Reilhac è il responsabile di Arte France Cinéma dal 2002. Personaggio imprescindibile del paesaggio audiovisivo e cinematografico francese, ha appena pubblicato per l'editore Séguier un libro di interviste con Frédéric Sojcher, Arte et le Cinéma, Le désir d’autre chose.

Cineuropa: Scrive che la televisione ha sviluppato la sua propria grammatica audiovisiva, diventando un potente narcotico. Quando è avvenuto il divorzio con il cinema?
Michel Reilhac : La svolta c'è stata negli anni 90, credo, quando i guadagni della pubblicità in televisione sono saliti vertiginosamente. I programmi televisivi sono diventati, in funzione del loro impatto d'ascolto, un pretesto per vendere spazi pubblicitari. Fino a tre, quattro anni fa, il cinema era la locomotiva di ascolto in Francia. Oggi, sono i telefilm e i reality. Il disimpegno delle reti televisive nei confronti del cinema è stato segnato dall'eliminazione progressiva del cinema in prima serata, con gli spazi pubblicitari più cari e più ambiti. E la televisione ha sviluppato la sua propria grammatica, rudimentale, molto spezzata, per mantenere lo spettatore incollato allo schermo durante la pubblicità. Secondo me, molte persone accendono la tv senza guardarla e mantengono un rapporto di indifferenza verso il flusso televisivo. Al contrario, quando una persona decide di guardare un film, che sia attraverso la televisione, un DVD o il Video On Demand, firma un patto: accetta di sottomettersi alla sua durata. Il divorzio tra queste due temporalità cresce.

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Dunque il problema del cinema non è più una questione di supporto?
No. La frase di Godard che diceva che la televisione è guardare verso il basso e il cinema è guardare verso l'alto, non è più vera. La relazione che si puó avere con un film non passa più automaticamente dal grande schermo. Oggi, i film d'autore non hanno il tempo di esistere nel desiderio dello spettatore, che non ha tempo di individuarli, perché il cinema non ha i mezzi finanziari per lottare con le grosse macchine commerciali. Ora bisogna cogliere l'opportunità che rappresenta la multiplicità dei supporti attraverso i quali il cinema è accessibile per provare a riunire in qualche modo tutte le nicchie dei mercati cinefili.

ARTE produce più o meno 25 film d'autore l'anno. Siete regolarmente attaccati riguardo alle scelte che fate.
Di fronte alla massa di progetti che ci vengono proposti, proviamo ad essere presenti al fianco di giovani autori e di aiutare degli autori affermati che hanno bisogno di noi perchè le altre reti non li sostengono più. Proviamo anche ad avere una diversità di generi, una diversità geografica: la metà dei film che produciamo è francese e l'altra internazionale. Le critiche che ci vengono fatte sono, a mio parere, il riflesso della nostalgia di un'epoca in cui tutto era più facile per questi film. Oggi, produciamo contro ogni ostacolo L'Homme de Londres (leggi news), Béla Tarr, un grande regista, penso uno dei più importanti di questo secolo. Ed è incredibile: fare esistere questo cinema è quasi impossibile! Diffondere i propri film, comprarne, farli vedere, non è per niente facile. E favorire la circolazione delle opere a livello europeo per noi è fondamentale: vogliamo difendere il cinema come forma di espressione artistica molto singolare, ma vogliamo difendere anche l'idea che sia il veicolo privilegiato dell'immaginario di un popolo e di una cultura.

Vedi la intervista girata sul sito di Cinergie.

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