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CANNES 2022 Concorso

Mario Martone • Regista di Nostalgia

“Il nostro passato è un labirinto”

di 

- CANNES 2022: Il regista napoletano ritrae la sua città natale, attraverso un altro uomo che cerca di affrontare il suo passato, solo per rendersi conto che non è mai andato davvero via

Mario Martone  • Regista di Nostalgia

Felice (Pierfrancesco Favino) torna finalmente a casa, a Napoli. Manca da decenni, persino il suo accento è cambiato e sua madre è invecchiata. Felice vive al Cairo ora, ed è felicemente, ma il passato si impossessa di lui ancora una volta, così come il suo amico d’infanzia, che è diventato un crudele camorrista. In Nostalgia [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Mario Martone
intervista: Pierfrancesco Favino
scheda film
]
di Mario Martone, presentato in concorso a Cannes, tutto cambia, tranne Napoli.

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Cineuropa: Questa storia è sorprendente. Quando le persone parlano di nostalgia, di solito le danno una connotazione positiva, forse anche troppo positiva. Tu invece ti concentri sul suo lato più oscuro.
Mario Martone: Il nostro passato non è una linea retta. Vira in tutte le direzioni perché sono successe così tante cose. È un labirinto in cui ognuno ha avuto i propri incontri, sia buoni che cattivi, in cui hai detto cose che non avresti dovuto dire. O forse hai imboccato la strada giusta, quella che ti ha portato molto lontano. Non importa. Se ti guardi dentro e pensi a come tutto sia così intrecciato, forse significa che sei riuscito ad andare oltre il passato, ad andare oltre. Ma ci sono queste vocine che ancora ti chiamano di tanto in tanto. Provi a rientrare in questo labirinto. Ma questo tentativo di capire chi sei e dove tutto ha avuto inizio può essere pericoloso.

Sì, perché questa idea di “tornare alle proprie radici” può portare qualcosa di buono, ma può anche essere cattivo. È questo che volevi mostrare nel film?
Ognuno di noi ha fatto cose che ora ci imbarazzano: abbiamo ferito qualcuno o commesso degli errori. A volte si tende a non pensarci troppo, convinti che tutto si possa cancellare. Ma non si può. Hai preso quella strada una volta. È quello che succede a Felice: torna a Napoli perché vuole rivedere sua madre. Non la vede da 40 anni. Se n'è andato quando lei era ancora quasi una ragazza, e si ritrova davanti ad una fragile vecchia in un sottoscala. Doveva vederla, però: sua moglie in Egitto lo stava spingendo a farlo. Se l'avesse trovata nel suo solito appartamento al piano di sopra, probabilmente sarebbe rimasto solo per un po', si sarebbe ripulito la coscienza e sarebbe tornato in Egitto.

Ma questo non succede.
Perché sua madre è finita in pochi metri quadrati al piano terra dove l'ha messa [il suo amico d'infanzia] Oreste. In questo modo Oreste fa sentire la sua presenza fin dall'inizio. È quella spinta, quell'ultima goccia di cui Felice aveva bisogno per entrare di nuovo nel labirinto. Così fa, e si perde.

La scena con la madre [interpretata da Aurora Quattrocchi], quando lui decide di farle il bagno, è commovente ma allo stesso tempo terrificante. Sembra così fragile.
Quella scena c'era già nel romanzo di Ermanno Rea [da cui è tratto il film]. Direi che è stato uno dei motivi per cui ho voluto fare questo film, in realtà. Ho sùbito sentito la sua forza. Tuttavia è stato difficile capire come girarlo e ho optato per un approccio radicale. Ho trovato questo posto, che a volte sembra una macelleria – con questo tipo di luce spietata che mostra tutto. Volevo mostrare le sue mani, il suo corpo. Mi sono lasciato guidare dai ricordi, dai sentimenti, dal ricordo di mia madre.

È un momento importante perché è così che permetti alle persone di amarlo un po'. Felice è così difficile da comprendere. Questa idea di qualcuno incastrato tra due luoghi, che viene da qualche parte ma non proprio, non più... Questo ti ha attirato?
Pierfrancesco è un attore che sa lavorare con il linguaggio. È stato impressionante vedere cosa ha fatto. È una “bestia” in questo senso – non conosco nessun altro attore in grado di modificare il proprio accento in quel modo. Ha studiato la lingua araba, poi ha studiato l'arabo egiziano, e il napoletano che parla nel film riflette tutto questo.

Ovviamente, questo non era l'unico motivo per cui lo volevo nel film. La sua sensibilità è stata fondamentale per dare vita a questo personaggio. Avevamo bisogno di qualcuno che potesse davvero toccare la sua vecchia madre in questo modo e prendersi cura di lei. Ha quella capacità. Si potrebbe dire che è ancora un attore relativamente nuovo sulla scena italiana, che privilegiava interpreti che fossero maschili in un modo facilmente definibile. Lui è diverso; è un uomo moderno. Volevo che anche Felice fosse qualcuno del nostro tempo. Qualcuno che ha un bel rapporto con sua moglie, per esempio, anche se è musulmana e ci sono così tanti pregiudizi che ne derivano. Volevo mostrare una coppia innamorata, che va d’accordo. Quindi sì, è un uomo moderno che torna alle sue antiche radici violente.

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(Tradotto dall'inglese)

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