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CANNES 2022 Un Certain Regard

Hlynur Pálmason • Regista di Godland

"Il mio attore principale ha perso dodici chili, credo, e l'ha preso davvero sul serio. Ero così felice di vedere il suo decadimento fisico"

di 

- CANNES 2022: Il regista islandese, che ha vissuto in Danimarca, riunisce alcune energie contrastanti di entrambi i paesi seguendo un vicario danese che fonda una parrocchia in Islanda nel XIX secolo

Hlynur Pálmason • Regista di Godland
(© Hildur Ýr Ómarsdóttir)

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, il terzo lungometraggio fiction di Hlynur Pálmason, è in concorso nella sezione Un Certain Regard del settantacinquesimo Festival di Cannes. Il regista islandese, che ha frequentato la scuola di cinema danese e ha vissuto in Danimarca per diversi anni, mette insieme alcune energie contrastanti di entrambi i paesi, mentre seguiamo un vicario danese a metà del XIX secolo, che istituisce una parrocchia nelle terre aride dell'Islanda, all'epoca sotto il dominio danese.

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Cineuropa: We’re told in the opening that seven photographs taken by a Danish vicar Cineuropa: Nell'incipit ci viene detto che sette fotografie scattate da un vicario danese hanno ispirato il film. Puoi spiegarci meglio questo avvenimento?
Hlynur Pálmason:
Ho parlato molto presto di questo ritrovamento alla mia troupe, al cast e anche ai miei finanziatori, ma in realtà si tratta di una fantasia che mi è venuta in mente mentre scrivevo per stimolare i miei sensi. Per molto tempo non se ne sarebbe parlato nel film, ma alla fine ho pensato che se mi ero ispirato a queste immagini, anche lo spettatore avrebbe dovuto conoscerle. E ora le abbiamo davvero: le abbiamo realizzate con il processo di collisione a lastre umide, in modo autentico, come sarebbero state fatte all'epoca. Per ora ne abbiamo presentata solo una, il poster. Più tardi sveleremo le altre, una alla volta.

Godland parla di un mondo a cavallo tra due Paesi - Danimarca e Islanda - e delle forze contrapposte rappresentate da Lucas, il religioso danese, e Ragnar, la guida islandese. Qual è la tua interpretazione di questi due personaggi e quali sono i tuoi sentimenti nei loro confronti?
In realtà mi piacciono molto entrambi. Lucas, a cui mi lego molto volente o nolente, è l'idealista, un uomo moderno, mentre Ragnar è l'opposto, un uomo della natura, del tempo e quasi della terra. Durante il viaggio, però, gli strati di Lucas vengono gradualmente rimossi, quasi completamente svuotati da questa terra straniera. Ragnar è una specie di mistero, un narratore e un poeta crudo che forse ha fatto cose oscure con cui non ha ancora fatto i conti e ora sta cercando la salvezza, ma ha anche paura di Dio.

Abbiamo già incontrato personaggi del genere in passato, magari in un western di John Ford?
Diverse persone hanno parlato di questo nei giorni scorsi, facendo il nome di John Ford, anche di Kurosawa, e di storie in cui i luoghi sono importanti, come se fossero un personaggio del film. Sono cresciuto con questi film, quindi sono sicuro che mi hanno formato, e capisco perfettamente il collegamento. Ho sempre scritto personaggi ritraendo la loro interiorità spiegando l'esterno, il mondo che li circonda.

Guardando il film e immaginando le riprese, sembra un viaggio difficile anche dietro la macchina da presa. È stato così?
La cosa divertente è che è stato girato nella zona da dove vengo, sulla costa sudorientale dell'Islanda, quindi è molto personale. Un'area molto vasta, molto isolata. Non eravamo una grande troupe e non avevamo molti soldi, ma abbiamo usato davvero quello che avevamo e abbiamo protratto le riprese per un lungo periodo invece di avere una grande troupe per un breve periodo. Il piano era di girare in ordine cronologico e sono molto felice che abbia funzionato. Fisicamente è stato difficile - Elliott Crosset Hove (che interpreta Lucas) ha perso dodici chili, credo - ha preso davvero sul serio la cosa. Sono stato molto felice di vedere il suo decadimento fisico. Le riprese sono andate avanti per due anni.

In una lunga scena vengono mostrati questi vasti e isolati paesaggi islandesi, musicati da uno dei più famosi inni nazionali danesi "I Danmark er jeg født"/"In Danimarca sono nato, è lì che sono a casa", una combinazione piuttosto ironica. Quali sono stati i tuoi pensieri in merito?
È un bellissimo inno, con un testo di HC Andersen. In tutto il film giochiamo con gli opposti. Il titolo danese è scritto in rosso, quello islandese in blu. Voglio trattare entrambi i paesi in modo equo. Adoro la Danimarca, ho studiato lì, i miei figli sono cresciuti lì, molti dei miei collaboratori sono danesi. Ma a volte penso che sia importante avere discussioni difficili. Il film cammina su una linea sottile.

Incontriamo una persona in cui i due mondi si fondono magnificamente, la giovane Ida, interpretata da tua figlia Ida, che può passare dal danese all'islandese letteralmente con un battito di ciglia.
Esattamente. Forse ha le qualità migliori sia della Danimarca che dell'Islanda? Un simbolo di frontiere aperte. Mi auguro che ce ne siano altri.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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