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BERLINALE 2022 Panorama

Francesco Costabile • Regista di Una femmina

“L'esperienza cinematografica vera la viviamo solamente in sala a luci spente”

di 

- BERLINALE 2022: Il regista calabrese presenta un film sulle donne che si ribellano alle strutture arcaiche della mafia

Francesco Costabile • Regista di Una femmina
(© Claudia Borgia)

Francesco Costabile presenta nella sezione Panorama della 72. Berlinale il suo primo lungometraggio Una femmina [+leggi anche:
trailer
intervista: Francesco Costabile
scheda film
]
che parla delle prime donne che hanno iniziato a difendersi contro la 'Ndrangheta. Nella nostra intervista il regista italiano racconta come ha sviluppato il concetto del film e come ha trovato la giovane attrice per il ruolo della protagonista.

Cineuropa: Perché ha scelto questa storia per il suo primo lungometraggio?
Francesco Costabile: Mi è stato proposto di lavorare sul libro di Lirio Abbate ed io ho accettato immediatamente. Io sono calabrese, e provengo dalla regione della quale parla il film. Sentivo l'occasione e anche la responsabilità di poter raccontare un universo sommerso anche dal punto di vista cinematografico. Il mio interesse era il punto di vista femminile e di raccontare di quelle donne sommerse che hanno cercato di ribellarsi. Lavorando su questo film ho scoperto che questa storia parlava anche dal mio vissuto. Perché il film parte da un discorso estremamente legato ad un area geografica ben circoscritta, ma è un film universale sulla autodeterminazione della donna, contro la violenza della donna. E un film sul percorso della liberazione della donna dai modelli patriarcali che in un certo modo mi hanno segnato nella vita.

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Come ha adattato il testo al film? Ha fatto le ricerche particolari?
Il libro non è un romanzo, ma un libro inchiesta che contiene una serie di storie. Il materiale umano è molto vasto. E stato necessario fare un lavoro di sintesi e dare una forma a diverse voci, a diverse donne, basandosi sull'esperienza delle prime donne che si sono ribellate alla mafia. Inoltre il materiale di Abbate è stato approfondito da me leggendo per esempio degli di processi. Una testimonianza chiave per la scrittura del personaggio principale di Rosa è stata quella di Denise Cosco, vittima della 'Ndrangheta, figlia di Lea Garofalo, che è stata fatta sparire nel nulla. Un’altra figura importante è stata quella di Enza Rando, avvocato che è ha gestito le testimonianze di queste donne.

Dove sono state fatte le riprese e come ha trovato il luogo giusto?
Ho fatto diversi sopralluoghi, ma poi abbiamo scelto Verbicaro da una parte per motivi logistici, dato che il posto è vicino alla costa. Ma cosa mi ha colpito di Verbicaro è la sua struttura tra le montagne ed un centro storico rimasto quasi intatto, purtroppo in via di abbandono, ma con una struttura fatta di scale, un po' labirintica, che ricorda le opere di M.C. Escher. Dato che il mio è un film che trasfigura la realtà, che lavora sulla parte emotiva inconscia della protagonista, sul trauma delle donne, mi è piaciuta l'idea di restituire un immaginario labirintico nel quale ci si potesse perdere e che isolasse il personaggio. Inoltre è un paese che storicamente si è sempre difeso contro la mafia, che è rimasto pulito ed ha una tradizione anarchica.

Ha deciso di escludere tutto quello che si trova dall'altra parte della montagna, fuori dal paese.
Le storie di queste donne sono fortemente legate ad un profondo isolamento, sono donne che crescono in contesti famigliari e culturali estremamente periferici, dove la gabbia psicologica si fa sentire. Tant'è che molte di queste donne hanno iniziato a ribellarsi ed emanciparsi a traverso internet ed ai social. La 'Ndrangheta fa forza su una struttura archetipica della famiglia ed un contesto culturale che la 'Ndrangheta vuole mantenere il più possibile isolato, la cultura non deve arrivare.

Come ha trovato Lina Siciliano per il ruolo di Rosa?
L'ho conosciuta in una casa famiglia. Ho iniziato la ricerca subito in contesti sociali difficili, facendo un lungo giro in quartieri più a rischio. Sentivo la necessità di avere per questo ruolo qualcuno con un vissuto molto forte, un vissuto che si legava a quello di queste donne, sentivo la necessita di questa verità. Lina ha un passato molto complesso, ed insieme abbiamo lavorato sul suo vissuto, per portare all'interno alla narrazione un ingrediente di autenticità.

Il film parla non solo del rapporto di potere tra uomo e donna. La nonna di Rosa potrebbe aiutare a cambiare le cose, ma non lo fa.
La struttura della mafia si centra sul ruolo della donna, sul ruolo della donna come elemento educativo. Spesso gli uomini muoiono giovani ed al loro posto ci sono questi grandi madri, di donne di potere. Sono delle donne al servizio degli umani che devono trasmettere la tradizione. Anche loro sono vittime delle strutture patriarcali, ma diventano le prime reggenti. E allo stesso tempo è solo tramite le donne che si può inclinare definitivamente questo sistema.

Cos'è stato importante per il concetto estetico del film?
E un film che osa dal punto di vista immaginario, non vuole essere una pura documentazione realistica. E un film che gioca con i generi cinematografici, ed è in un equilibrio molto sottile tra thriller, melodramma, o anche horror psicologico. Ci sono delle sfumature con la luce ed il suono. Il tutto intente scavare nell’immaginario dello spettatore. Per me è importante che il film sia visto in sala, perché l'esperienza cinematografica vera la viviamo solamente in sala a luci spente.

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