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Italia

Massimo Donati • Regista di Diario di Spezie

“Per me era importante mantenere gli elementi del noir in una struttura eversiva”

di 

- Lo scrittore-regista italiano racconta la trasposizione del film dal romanzo, tra arte figurativa e arte della cucina

Massimo Donati  • Regista di Diario di Spezie

L’arte figurativa e l’arte della cucina. Il restauro e le spezie. Quale oscuro legame unisce Luca Treves (Lorenzo Richelmy), cuoco famoso, esperto di spezie, e Andreas Dürren Fischer (Fabrizio Ferracane), celebre restauratore di quadri fiamminghi? Massimo Donati ha esordito nella scrittura con Diario di Spezie [+leggi anche:
intervista: Massimo Donati
scheda film
]
, firmando in seguito anche la versione cinematografica – unico titolo italiano in Concorso al Noir in Festival. Nel cast Fabrizio Rongione, l’ispettore capo Philippe Garrant, e Galatea Bellugi, nella doppia identità di Juliette/Rose. Diario di Spezie è annunciato in uscita dalla prossima primavera in Italia.

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Cinecittà News: Due prime volte: nella scrittura e nella regia. In cosa si sente più a suo agio?
Massimo Donati: La letteratura è sempre una forma lenta, la scrittura del romanzo ha richiesto molti anni, anche perché io non nascevo da un percorso di scrittura: ho una laurea in Fisica, poi ho fatto la scuola di cinema, spostandomi ad un certo punto sul teatro e portando avanti l’attività cinematografica dapprima con il documentario. Il romanzo nasce da un racconto per il cinema che scrissi in occasione del Premio Solinas, avevo questa storia in testa, sempre in equilibrio tra autorialità e genere: l’adrenalina vera è stata per il film, quando sono cominciate le riprese è stato veramente il tuffo dal trampolino; quando parte la macchina da presa o funziona o è una catastrofe assoluta, e io penso abbia funzionato, anche per il grosso lavoro di preparazione con gli attori, che si sono resi disponibili in maniera entusiastica.  

Perché ha visto in Richelmy lo chef ideale di questa storia e in Ferracane la psicologia del restauratore appassionato di alta cucina?
Con il personaggio Richelmy ha in comune la morbidezza, la dolcezza, che volevo ci fossero nel personaggio. Mi ha convinto, poi, che ha mi abbia fatto delle domande così profonde e di analisi, su cui ci siamo trovati per la costruzione, risultate subite molto convincenti, tanto da azzerare tutto quello che m’ero immaginato prima rispetto al personaggio. Il viso di Fabrizio, come parla, sono cose che appartengono alla costruzione di Andreas: mi ha subito comunicato forza e verità, che io volevo ci fossero nel ruolo. Lui ha una grande autenticità, sia nella vita che nella recitazione, e Andreas è un personaggio, nella sua esistenza cupa, che conquista anche nella sua verità di essere umano. 

Perché ha pensato che due ingredienti come larte e la cucina fossero perfetti da cucinare insieme per la ricetta di un thriller?
Le idee relative all’arte e alla cucina nascevano da passioni che io continuo a nutrire: la cucina è arrivata in un tempo in cui ancora non c’erano gli show televisivi, mi affascinavano una serie di dettagli, leggevo riviste specializzate, mi seduceva la cucina scritta e raccontata. Ho fatto delle scelte per valorizzazione ciò a cui potevamo accedere con le riprese: per esempio, abbiamo girato in un castello piuttosto composito da un punto di vista architettonico, e abbiamo esaltato gli elementi artistici presenti, come la cappelletta medievale, usata come sfondo. Per il cibo, c’è stata collaborazione con professionisti che hanno cercato di trasferire in immagini ciò che non possiamo gustare, per cui i piatti sono stati costruiti con una particolare attenzione ai colori, alle forme, alla disposizione, non esclusivamente in senso estetico: nel film il cibo cambia ruolo, dalla cornice del primo banchetto ad un punto in cui è espressione di voracità nei confronti della vita, fino al duello finale. 

Diario di Spezie è anche una storia di doppie identità: Andreas/De Ober, Juliette/Rose, ma anche il doppio del padre di Luca.
Il doppio è una figura classica del noir. Per me era importante mantenere in vita - all’interno di una struttura per certi aspetti eversiva, nella costruzione del plot – alcune figure che caratterizzano il genere, anche per non spiazzare completamente lo spettatore. Ho studiato in profondità il polar così come il noir americano più recente: c’era l’intenzione di portare una certa autorialità, ma il noir doveva continuare ad esistere. quindi il doppio torna, come altri elementi che costituiscono i binari su cui il film viene guidato; ad esempio, l’acqua viene generalmente associata alla vita, mentre in questo film è morte, una scelta voluta e pensata. Sicuramente ho guardato a Melville e ai classici della sua produzione, anche al senso di smarrimento che tante volte leggo nei suoi personaggi, un’umanità un po’ pericolosa e sperduta in questa sorta di metropoli infinita in cui sei solo: è stato sicuramente d’ispirazione per il personaggio interpretato perfettamente da Rongione, che porta dentro col suo immaginario la dimensione francese.

In collaborazione con

 

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